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Richard +Stallman <a href="/philosophy/open-source-misses-the-point.html"> non ha mai +sostenuto il movimento “open source”</a>, ma ha fatto inserire +questo articolo per evitare che il punto di vista del software libero fosse +del tutto assente dal libro. +</p> +<p> +Perché ora è più importante che mai insistere sul fatto che <a +href="/philosophy/free-software-even-more-important.html">il software che +usiamo deve essere libero</a>. +</p> +</blockquote> + +<h3>La prima comunità di condivisione del software</h3> +<p> +Quando cominciai a lavorare nel laboratorio di Intelligenza Artificiale del +<abbr title="Massachusetts Institute of Technology">MIT</abbr> nel 1971, +entrai a far parte di una comunità in cui ci si scambiavano i programmi, che +esisteva già da molti anni. La condivisione del software non si limitava +alla nostra comunità; è un cosa vecchia quanto i computer, proprio come +condividere le ricette è antico come il cucinare. Ma noi lo facevamo più di +quasi chiunque altro.</p> +<p> +Il laboratorio di Intelligenza Artificiale usava un sistema operativo a +partizione di tempo (timesharing) chiamato <abbr title="Incompatible +Timesharing System">ITS</abbr> (Incompatible Timesharing System) che il +gruppo di hacker (1) del laboratorio aveva progettato e scritto in +linguaggio assembler per il Digital <abbr title="Programmed Data +Processor">PDP</abbr>-10, uno dei grossi elaboratori di quel periodo. Come +membro di questa comunità, hacker di sistema nel gruppo laboratorio, il mio +compito era migliorare questo sistema.</p> +<p> +Non chiamavamo il nostro software "software libero", poiché questa +espressione ancora non esisteva, ma si trattava proprio di questo. Quando +persone di altre università o di qualche società volevano convertire il +nostro programma per il proprio sistema ed utilizzarlo, erano le +benvenute. Se si vedeva qualcuno usare un programma sconosciuto ed +interessante, si poteva sempre chiedere di vederne il codice sorgente, in +modo da poterlo leggere, modificare, o prenderne alcune parti per creare un +nuovo programma.</p> +<p> +(1) L'uso del termine "hacker" nel senso di "pirata" è una confusione di +temini creata dai mezzi di informazione. Noi hacker ci rifiutiamo di +riconoscere questo significato, e continuiamo ad utilizzare la parola nel +senso di "uno che ami programmare, e a cui piaccia essere bravo a +farlo". Leggete il mio articolo <a +href="http://stallman.org/articles/on-hacking.html">A proposito +dell'Hacking</a>.</p> + +<h3>La comunità si dissolve</h3> +<p> +La situazione cambiò drasticamente all'inizio degli anni '80 quando la +Digital smise di produrre la serie PDP-10. La sua architettura, elegante e +potente negli anni '60, non poteva essere estesa in modo naturale ai più +grandi spazi di indirizzamento che si stavano rendendo possibili negli anni +'80. Questo significò che quasi tutti i programmi che formavano ITS +divennero obsoleti.</p> +<p> +La comunità di hacker del laboratorio di Intelligenza Artificiale si era già +dissolta non molto tempo prima. Nel 1981 la Symbolics, nata da una costola +del laboratorio stesso, gli aveva sottratto quasi tutti gli hacker; l'ormai +esiguo gruppo rimasto fu dunque incapace di sostenersi (il libro "Hackers" +di Steve Levy narra questi eventi, oltre a fornire una fedele ricostruzione +di questa comunità ai suoi inizi). Quando il laboratorio di Intelligenza +Artificiale nel 1982 acquistò un nuovo PDP-10, i sistemisti decisero di +utilizzare il sistema timesharing non libero della Digital piuttosto che +ITS.</p> +<p> +I moderni elaboratori di quell'epoca, come il VAX o il 68020, avevano il +proprio sistema operativo, ma nessuno di questi era libero: si doveva +firmare un accordo di non-diffusione persino per ottenerne una copia +eseguibile.</p> +<p> +Questo significava che il primo passo per usare un computer era promettere +di negare aiuto al proprio vicino. Una comunità cooperante era vietata. La +regola creata dai proprietari di software proprietario era: "se condividi il +software col tuo vicino sei un pirata. Se vuoi modifiche, pregaci di farle".</p> +<p> +L'idea che la concezione sociale di software proprietario (cioè il sistema +che impone che il software non possa essere condiviso o modificato) sia +antisociale, contraria all'etica, semplicemente sbagliata, può apparire +sorprendente a qualche lettore. Ma che altro possiamo dire di un sistema +che si basa sul dividere gli utenti e lasciarli senza aiuto? Quei lettori +che trovano sorprendente l'idea possono aver data per scontata la concezione +sociale di software proprietario, o averla giudicata utilizzando lo stesso +metro suggerito dal mercato del software proprietario. I produttori di +software hanno lavorato a lungo e attivamente per diffondere la convinzione +che c'è un solo modo di vedere la cosa.</p> +<p> +Quando i produttori di software parlano di "difendere" i propri "diritti" o +di "fermare la <a +href="/philosophy/words-to-avoid.html#Piracy">pirateria</a>", quello che +<em>dicono</em> è in realtà secondario. Il vero messaggio in quelle +affermazioni sta nelle assunzioni inespresse, che essi danno per scontate; +vogliono che siano accettate acriticamente. Esaminiamole, dunque.</p> +<p> +Una prima assunzione è che le aziende produttrici di software abbiano il +diritto naturale indiscutibile di proprietà sul software, e di conseguenza, +abbiano controllo su tutti i suoi utenti. Se questo fosse un diritto +naturale, non potremmo sollevare obiezioni, indipendentemente dal danno che +possa recare ad altri. È interessante notare che, negli Stati Uniti, sia la +costituzione che la giurisprudenza rifiutano questa posizione: il diritto +d'autore non è un diritto naturale, ma un monopolio imposto dal governo che +limita il diritto naturale degli utenti ad effettuare delle copie.</p> +<p> +Un'altra assunzione inespressa è che la sola cosa importante del software +sia il lavoro che consente di fare -- vale a dire che noi utenti non +dobbiamo preoccuparci del tipo di società in cui ci è permesso vivere.</p> +<p> +Una terza assunzione è che non avremmo software utilizzabile (o meglio, che +non potremmo mai avere un programma per fare questo o quell'altro +particolare lavoro) se non riconoscessimo ai produttori il controllo sugli +utenti di quel programmi. Questa assunzione avrebbe potuto sembrare +plausibile, prima che il movimento del software libero dimostrasse che +possiamo scrivere quantità di programmi utili senza bisogno di metterci dei +catenacci.</p> +<p> +Se rifiutiamo di accettare queste assunzioni, giudicando queste questioni +con comuni criteri di moralità e di buon senso dopo aver messo al primo +posto gli interessi degli utenti, tenendo conto che gli utenti vengono prima +di tutto, arriviamo a conclusioni del tutto differenti. Chi usa un +calcolatore dovrebbe essere libero di modificare i programmi per adattarli +alle proprie necessità, ed essere libero di condividere il software, poiché +aiutare gli altri è alla base della società.</p> +<p> +Non c'è modo in questa sede di trattare approfonditamente i ragionamenti che +portano a questa conclusione; il lettore interessato può vedere <a +href="/philosophy/why-free.html"> +http://www.gnu.org/philosophy/why-free.html</a> e <a +href="/philosophy/free-software-even-more-important.html"> +http://www.gnu.org/philosophy/free-software-even-more-important.html</a>. +</p> + +<h3>Una difficile scelta morale</h3> +<p> +Una volta che il mio gruppo si fu sciolto, continuare come prima fu +impossible. Mi trovai di fronte ad una difficile scelta morale.</p> +<p> +La scelta facile sarebbe stata quella di unirsi al mondo del software +proprietario, firmando accordi di non-diffusione e promettendo di non +aiutare i miei compagni hacker. Con ogni probabilità avrei anche sviluppato +software che sarebbe stato distribuito secondo accordi di non-diffusione, +contribuendo così alla pressione su altri perché a loro volta tradissero i +propri compagni.</p> +<p> +In questo modo avrei potuto guadagnare, e forse mi sarei divertito a +programmare. Ma sapevo che al termine della mia carriera mi sarei voltato a +guardare indietro, avrei visto anni spesi a costruire muri per dividere le +persone, e avrei compreso di aver contribuito a rendere il mondo peggiore.</p> +<p> +Avevo già sperimentato cosa significasse un accordo di non diffusione per +chi lo firmava, quando qualcuno rifiutò a me e al laboratorio AI del MIT il +codice sorgente del programma di controllo della nostra stampante; l'assenza +di alcune funzionalità nel programma rendeva oltremodo frustrante l'uso +della stampante. Per cui non mi potevo dire che gli accordi di +non-diffusione fossero innocenti. Ero molto arrabbiato quando quella +persona si rifiutò di condividere il programma con noi; non potevo far finta +di niente e fare lo stesso con tutti gli altri.</p> +<p> +Un'altra possibile scelta, semplice ma spiacevole, sarebbe stata quella di +abbandonare l'informatica. In tal modo le mie capacità non sarebbero state +mal utilizzate, tuttavia sarebbero state sprecate. Non sarei mai stato +colpevole di dividere o imporre restrizioni agli utenti di calcolatori, ma +queste cose sarebbero comunque successe.</p> +<p> +Allora cercai un modo in cui un programmatore potesse fare qualcosa di +buono. Mi chiesi dunque: c'erano un programma o dei programmi che io +potessi scrivere, per rendere nuovamente possibile l'esistenza di una +comunità?</p> +<p> +La risposta era semplice: innanzitutto serviva un sistema operativo. Questo +è difatti il software fondamentale per iniziare ad usare un computer. Con +un sistema operativo si possono fare molte cose; senza, non è proprio +possibile far funzionare il computer. Con un sistema operativo libero, +avremmo potuto avere nuovamente una comunità in cui hacker possono +cooperare, e invitare chiunque ad unirsi al gruppo. E chiunque sarebbe +stato in grado di usare un calcolatore, senza dover cospirare fin +dall'inizio per sottrarre qualcosa ai propri amici.</p> +<p> +Essendo un programmatore di sistemi, possedevo le competenze adeguate per +questo lavoro. Così, anche se non davo il successo per scontato, mi resi +conto di essere la persona giusta per farlo. Scelsi di rendere il sistema +compatibile con Unix, in modo che fosse portabile, e che gli utenti Unix +potessero passare facilmente ad esso. Il nome GNU fu scelto secondo una +tradizione hacker, come acronimo ricorsivo che significa "GNU's Not Unix" +[N.d.T. GNU non è Unix]. Si pronuncia <a href="/gnu/pronunciation.html">come +una sola sillaba con la g dura, come “gru” ma con la lettera “n” al posto +della “r”</a>.</p> +<p> +Un sistema operativo non si limita solo al suo nucleo, che è proprio il +minimo per eseguire altri programmi. Negli anni '70, qualsiasi sistema +operativo degno di questo nome includeva interpreti di comandi, +assemblatori, compilatori, interpreti di linguaggi, debugger, editor di +testo, programmi per la posta e molto altro. ITS li aveva, Multics li aveva, +VMS li aveva e Unix li aveva. Anche il sistema operativo GNU li avrebbe +avuti.</p> +<p> +Tempo dopo venni a conoscenza di questa massima, attribuita a Hillel(1):</p> + +<blockquote><p> + Se non sono per me stesso, chi sarà per me?<br /> + E se sono solo per me stesso, che cosa sono?<br /> + E se non ora, quando? +</p></blockquote> +<p> +La decisione di avviare il progetto GNU si basò su uno spirito simile.</p> +<p> +(1) Essendo ateo, non seguo alcuna guida religiosa, ma a volte mi trovo ad +ammirare qualcosa che qualcuno di loro ha detto.</p> + +<h3>"Free" come libero</h3> +<p> +Il termine "free software" [N.d.T. il termine free in inglese significa sia +gratuito che libero] a volte è mal interpretato: non ha niente a che vedere +col prezzo; si tratta di libertà. Ecco, dunque, la definizione di software +libero.</p> + +<p>Un programma è software libero per voi, che ne siete un generico utente, se:</p> + +<ul> + <li>l'utente ha la libertà di eseguire il programma come desidera, per qualsiasi +scopo;</li> + + <li>l'utente ha la libertà di modificare il programma secondo i propri +bisogni (perché questa libertà abbia qualche effetto in pratica, è +necessario avere accesso al codice sorgente del programma, poiché +apportare modifiche ad un programma senza disporre del codice sorgente è +estremamente difficile);</li> + + <li>l'utente ha la libertà di distribuire copie del programma, gratuitamente +o dietro compenso;</li> + + <li>l'utente ha la libertà di distribuire versioni modificate del programma, +così che la comunità possa fruire dei miglioramenti apportati.</li> +</ul> +<p> +Poiché "free" si riferisce alla libertà e non al prezzo, vendere copie di un +programma non contraddice il concetto di software libero. In effetti, la +libertà di vendere copie di programmi è essenziale: raccolte di software +libero vendute su CD-ROM sono importanti per la comunità, e la loro vendita +è un modo di raccogliere fondi importante per lo sviluppo del software +libero. Di conseguenza, un programma che non può essere liberamente incluso +in tali raccolte non è software libero.</p> +<p> +A causa dell'ambiguità del termine “free”, si è cercata a lungo +un'alternativa, ma nessuno ne ha trovata una valida. La lingua inglese ha +più termini e sfumature di ogni altra, ma non ha una parola semplice e non +ambigua che significhi libero; “unfettered” è la parola più +vicina come significato [NdT: unfettered è una parola di tono aulico o +arcaico che significa <em>libero da ceppi, vincoli o +inibizioni</em>]. Alternative come “liberated”, +“freedom” e “open” hanno significati errati o non +sono adatte per altri motivi [NdT: rispettivamente, <em>liberato</em>, +<em>libertà</em>, <em>aperto</em>].</p> + +<h3>Software GNU e il sistema GNU</h3> +<p> +Sviluppare un intero sistema è un progetto considerevole. Per raggiungere +l'obiettivo decisi di adattare e usare parti di software libero tutte le +volte che fosse possibile. Per esempio, decisi fin dall'inizio di usare TeX +come il principale programma di formattazione di testo; qualche anno più +tardi, decisi di usare l'X Window System piuttosto che scrivere un altro +sistema a finestre per GNU.</p> +<p> +A causa di questa decisione e altre simili, il sistema GNU e la raccolta di +tutto il software GNU non sono la stessa cosa. Il sistema GNU comprende +programmi che non sono GNU, sviluppati da altre persone o gruppi di progetto +per i propri scopi, ma che possiamo usare in quanto software libero.</p> + +<h3>L'inizio del progetto</h3> +<p> +Nel gennaio 1984 lasciai il mio posto al MIT e cominciai a scrivere software +GNU. Dovetti lasciare il MIT, per evitare che potesse interferire con la +distribuzione di GNU come software libero. Se fossi rimasto, il MIT avrebbe +potuto rivendicare la proprietà del lavoro, ed avrebbe potuto imporre i +propri termini di distribuzione, o anche farne un pacchetto proprietario. +Non avevo alcuna intenzione di fare tanto lavoro solo per vederlo reso +inutilizzabile per il suo scopo originario: creare una nuova comunità di +condivisione di software.</p> +<p> +Ad ogni buon conto, il professor Winston -- allora responsabile del +laboratorio AI del MIT -- mi propose gentilmente di continuare ad utilizzare +le attrezzature del laboratorio stesso.</p> + +<h3>I primi passi</h3> +<p> +Poco dopo aver iniziato il progetto GNU, venni a sapere del Free University +Compiler Kit, noto anche come VUCK (la parola olandese che sta per "free" +inizia con la V). Era un compilatore progettato per trattare più linguaggi, +fra cui C e Pascal, e per generare codice binario per diverse architetture. +Scrissi al suo autore chiedendo se GNU potesse usarlo.</p> +<p> +Rispose in modo canzonatorio, dicendo che l'università era sì libera, ma non +il compilatore. Decisi allora che il mio primo programma per il progetto +GNU sarebbe stato un compilatore multilinguaggio e multipiattaforma.</p> +<p> +Sperando di evitare di dover scrivere da me l'intero compilatore, ottenni il +codice sorgente del Pastel, un compilatore multipiattaforma sviluppato ai +Laboratori Lawrence Livermore. Il linguaggio supportato da Pastel, in cui +il Pastel stesso era scritto, era una versione estesa del Pascal, pensata +come linguaggio di programmazione di sistemi. Io vi aggiunsi un frontend +per il C, e cominciai il porting per il processore Motorola 68000, ma fui +costretto a rinunciare quando scoprii che il compilatore richiedeva diversi +megabyte di memoria sullo stack, mentre il sistema Unix disponibile per il +processore 68000 ne permetteva solo 64K.</p> +<p> +Mi resi conto allora che il compilatore Pastel interpretava tutto il file di +ingresso creandone un albero sintattico, convertiva questo in una catena di +"istruzioni", e quindi generava l'intero file di uscita senza mai liberare +memoria. A questo punto, conclusi che avrei dovuto scrivere un nuovo +compilatore da zero. Quel nuovo compilatore è ora noto come <abbr +title="GNU Compiler Collection">GCC</abbr>; non utilizza niente del +compilatore Pastel, ma riuscii ad adattare e riutilizzare il frontend per il +C che avevo scritto. Questo però avvenne qualche anno dopo; prima, lavorai +su GNU Emacs.</p> + +<h3>GNU Emacs</h3> +<p> +Cominciai a lavorare su GNU Emacs nel settembre 1984, e all'inizio del 1985 +cominciava ad essere utilizzabile. Così potei iniziare ad usare sistemi +Unix per scrivere; fino ad allora, avevo scritto sempre su altri tipi di +macchine, non avendo nessun interesse ad imparare vi né ed.</p> +<p> +A questo punto alcuni cominciarono a voler usare GNU Emacs, il che pose il +problema di come distribuirlo. Naturalmente lo misi sul server ftp anonimo +del computer che usavo al MIT (questo computer, prep.ai.mit.edu, divenne +così il sito ftp primario di distribuzione di GNU; quando alcuni anni dopo +andò fuori servizio, trasferimmo il nome sul nostro nuovo ftp server). Ma +allora molte delle persone interessate non erano su Internet e non potevano +ottenere una copia via ftp, così mi si pose il problema di cosa dir loro.</p> +<p> +Avrei potuto dire: "trova un amico che è in rete disposto a farti una +copia". Oppure avrei potuto fare quel che feci con l'originario Emacs su +PDP-10, e cioè dir loro: "spediscimi una busta affrancata ed un nastro, ed +io te lo rispedisco con sopra Emacs". Ma ero senza lavoro, e cercavo un +modo di far soldi con il software libero. E così feci sapere che avrei +spedito un nastro a chi lo voleva per 150 dollari. In questo modo, creai +un'impresa di distribuzione di software libero, che anticipava le aziende +che oggi distribuiscono interi sistemi GNU/Linux.</p> + +<h3>Un programma è libero per tutti?</h3> +<p> +Se un programma è software libero quando esce dalle mani del suo autore, non +significa necessariamente che sarà software libero per chiunque ne abbia una +copia. Per esempio, <a +href="/philosophy/categories.html#PublicDomainSoftware">il software di +pubblico dominio</a> (software senza copyright) è sofware libero, ma +chiunque può farne una versione modificata proprietaria. Analogamente, +molti programmi liberi sono protetti da diritto d'autore, ma vengono +distribuiti con semplici licenze permissive che permettono di farne versioni +modificate proprietarie. </p> +<p> +L'esempio emblematico della questione è l'X Window System. Sviluppato al +MIT, e pubblicato come software libero con una licenza permissiva, fu +rapidamente adottato da diverse società informatiche. Queste aggiunsero X +ai loro sistemi Unix proprietari, solo in forma binaria, e coperto dello +stesso accordo di non-diffusione. Queste copie di X non erano software più +libero di quanto lo fosse Unix. </p> +<p> +Gli autori dell'X Window System non ritenevano che questo fosse un problema, +anzi se lo aspettavano ed era loro intenzione che accadesse. Il loro scopo +non era la libertà, ma semplicemente il "successo", definito come "avere +tanti utenti". Non erano interessati che questi utenti fossero liberi, ma +solo che fossero numerosi. </p> +<p> +Questo sfociò in una situazione paradossale, in cui due modi diversi di +misurare la quantità di libertà risultavano in risposte diverse alla domanda +"questo programma è libero?". Giudicando sulla base della libertà offerta +dai termini distributivi usati dal MIT, si sarebbe dovuto dire che X era +software libero. Ma misurando la libertà dell'utente medio di X, si sarebbe +dovuto dire che X era software proprietario. La maggior parte degli utenti +di X usavano le versioni proprietarie fornite con i sistemi Unix, non la +versione libera. </p> + +<h3>Il copyleft e la GNU GPL</h3> +<p> +Lo scopo di GNU consisteva nell'offrire libertà agli utenti, non solo +nell'ottenere ampia diffusione. Avevamo quindi bisogno di termini di +distribuzione che evitassero che il software GNU fosse trasformato in +software proprietario. Il metodo che usammo si chiama "copyleft"(1). </p> +<p> +Il copyleft (impropriamente tradotto come permesso d'autore) usa le leggi +sul copyright, ma le capovolge per ottenere lo scopo opposto: invece che un +metodo per privatizzare il software, diventa infatti un mezzo per mantenerlo +libero. </p> +<p> +Il succo dell'idea di copyleft consiste nel dare a chiunque il permesso di +eseguire il programma, copiare il programma, modificare il programma, e +distribuirne versioni modificate, ma senza dare il permesso di aggiungere +restrizioni. In tal modo, le libertà essenziali che definiscono il "free +software" (software libero) sono garantite a chiunque ne abbia una copia, e +diventano diritti inalienabili. </p> +<p> +Perché il copyleft sia efficace, anche le versioni modificate devono essere +libere. Ciò assicura che che ogni lavoro basato sul nostro sia reso +disponibile per la nostra comunità, se pubblicato. Quando dei programmatori +professionisti lavorano su software GNU come volontari, è il permesso +d'autore che impedisce ai loro datori di lavoro di dire: "non puoi +distribuire quelle modifiche, perché abbiamo intenzione di usarle per creare +la nostra versione proprietaria del programma". </p> +<p> +La clausola che le modifiche debbano essere libere è essenziale se vogliamo +garantire libertà a tutti gli utenti del programma. Le aziende che +privatizzarono l'X Window System di solito avevano apportato qualche +modifica per portare il programma sui loro sistemi e sulle loro macchine. Si +trattava di modifiche piccole rispetto alla mole di X, ma non banali. Se +apportare modifiche fosse una scusa per negare libertà agli utenti, sarebbe +facile per chiunque approfittare di questa scusa. </p> +<p> +Una problematica correlata è quella della combinazione di un programma +libero con codice non libero. Una tale combinazione sarebbe inevitabilmente +non libera; ogni libertà che manchi dalla parte non libera mancherebbe anche +dall'intero programma. Permettere tali combinazioni aprirebbe non uno +spiraglio, ma un buco grosso come una casa. Quindi un requisito essenziale +per il copyleft è tappare il buco: tutto ciò che venga aggiunto o combinato +con un programma protetto da copyleft dev'essere tale che il programma +risultante sia anch'esso libero e protetto da copyleft. </p> +<p> +La specifica implementazione di copyleft che utilizziamo per la maggior +parte del software GNU è la GNU General Public License (licenza pubblica +generica GNU), abbreviata in GNU GPL. Abbiamo altri tipi di copyleft che +sono utilizzati in circostanze specifiche. I manuali GNU sono anch'essi +protetti da copyleft, ma ne usano una versione molto più semplice, perché +per i manuali non è necessaria la complessità della GPL.(2)</p> +<p> +(1) Nel 1984 o 1985, Don Hopkins, persona molto creativa, mi mandò una +lettera. Sulla busta aveva scritto diverse frasi argute, fra cui questa: +"Copyleft--tutti i diritti rovesciati". Utilizzai l'espressione "copyleft" +per battezzare il concetto di distribuzione che allora andavo elaborando. </p> + +<p> +(2) Ora utilizziamo la <a href="/licenses/fdl.html">GNU Free Documentation +License</a> per la documentazione.</p> + +<h3>La Free Software Foundation</h3> + +<p>Man mano che l'interesse per Emacs aumentava, altre persone parteciparono al +progetto GNU, e decidemmo che era di nuovo ora di cercare finanziamenti. +Così nel 1985 fondammo la <a href="http://www.fsf.org/">Free Software +Foundation (Fondazione per il software libero)</a>, una organizzazione senza +fini di lucro per lo sviluppo di software libero. La <abbr title="Free +Software Foundation">FSF</abbr> fra l'altro si prese carico della +distribuzione dei nastri di Emacs; più tardi estese l'attività aggiungendo +sul nastro altro software libero (sia GNU che non GNU) e vendendo manuali +liberi. </p> + +<p>Tradizionalmente, gran parte delle entrate della FSF derivava dalle vendite +di copie di software libero e servizi correlati: CD-ROM di codice sorgente, +CD-ROM di programmi compilati, manuali stampati professionalmente (tutti con +libertà di ridistribuzione e modifica), e distribuzioni Deluxe (nelle quali +compiliamo l'intera scelta di software per una piattaforma a +richiesta). Oggi la FSF vende ancora <a href="http://shop.fsf.org/">manuali +e altro materiale</a> ma trae la maggior parte dei fondi dalle quote +associative. Potete associarvi tramite <a +href="http://fsf.org/join">fsf.org</a>.</p> + +<p>I dipendenti della Free Software Foundation hanno scritto e curato la +manutenzione di diversi pacchetti GNU. Fra questi spiccano la libreria C e +la shell. La libreria C di GNU è utilizzata da ogni programma che gira su +sistemi GNU/Linux per comunicare con Linux. È stata sviluppata da un membro +della squadra della Free Software Foundation, Roland McGrath. La shell +usata sulla maggior parte dei sistemi GNU/Linux è <abbr title="Bourne Again +Shell">BASH</abbr>, la Bourne Again Shell(1), che è stata sviluppata da +Brian Fox, dipendente della FSF. </p> + +<p>Finanziammo lo sviluppo di questi programmi perché il progetto GNU non +riguardava solo strumenti di lavoro o un ambiente di sviluppo: il nostro +obiettivo era un sistema operativo completo, e questi programmi erano +necessari per raggiungere quell'obiettivo. </p> + +<p>(1) "Bourne Again Shell" è un gioco di parole sul nome "Bourne Shell", che +era la normale shell di Unix [NdT: "Bourne again" richiama l'espressione +cristiana "born again", "rinato" (in Cristo)]. </p> + +<h3>Il supporto per il software libero</h3> + +<p>La filosofia del software libero rigetta una diffusa pratica commerciale in +particolare, ma non è contro il commercio. Quando un'impresa rispetta la +libertà dell'utente, c'è da augurarle ogni successo. </p> + +<p>La vendita di copie di Emacs esemplifica un modo di condurre affari col +software libero. Quando la FSF prese in carico quest'attività, dovetti +trovare un'altra fonte di sostentamento. La trovai nella vendita di servizi +relativi al software libero che avevo sviluppato, come insegnare argomenti +quali programmazione di Emacs e personalizzazione di GCC, oppure sviluppare +sofware, soprattutto adattamento di GCC a nuove architetture. </p> + +<p>Oggi tutte queste attività collegate al software libero sono esercitate da +svariate aziende. Alcune distribuiscono raccolte di software libero su +CD-ROM, altre offrono consulenza a diversi livelli, dall'aiutare gli utenti +in difficoltà, alla correzione di errori, all'aggiunta di funzionalità non +banali. Si cominciano anche a vedere aziende di software che si fondano sul +lancio di nuovi programmi liberi. </p> + +<p>Attenzione, però: diverse aziende che si fregiano del marchio "open source" +(software aperto) in realtà fondano le loro attività su software non libero +che funziona insieme con software libero. Queste non sono aziende di +software libero, sono aziende di software proprietario i cui prodotti +attirano gli utenti lontano dalla libertà. Loro li chiamano "a valore +aggiunto", il che riflette i valori che a loro farebbe comodo che +adottassimo: la convenienza prima della libertà. Se noi riteniamo che la +libertà abbia più valore, li dovremmo chiamare prodotti "a libertà +sottratta". </p> + +<h3>Obiettivi tecnici</h3> + +<p>L'obiettivo principale di GNU era essere software libero. Anche se GNU non +avesse avuto alcun vantaggio tecnico su Unix, avrebbe avuto sia un vantaggio +sociale, permettendo agli utenti di cooperare, sia un vantaggio etico, +rispettando la loro libertà. </p> + +<p>Tuttavia risultò naturale applicare al lavoro le regole classiche di buona +programmazione; per esempio, allocare le strutture dati dinamicamente per +evitare limitazioni arbitrarie sulla dimensione dei dati, o gestire tutti i +possibili codici a 8 bit in tutti i casi ragionevoli. </p> + +<p>Inoltre, al contrario di Unix che era pensato per piccole dimensioni di +memoria, decidemmo di non supportare le macchine a 16 bit (era chiaro che le +macchine a 32 bit sarebbero state la norma quando il sistema GNU sarebbe +stato completo), e di non preoccuparci di ridurre l'occupazione di memoria a +meno che eccedesse il megabyte. In programmi per i quali non era essenziale +la gestione di file molto grandi, spingemmo i programmatori a leggere in +memoria l'intero file di ingresso per poi analizzare il file senza doversi +preoccupare delle operazioni di I/O. </p> + +<p>Queste decisioni fecero sì che molti programmi GNU superassero i loro +equivalenti Unix sia in affidabilità che in velocità di esecuzione. </p> + +<h3>Donazioni di computer</h3> + +<p>Man mano che la reputazione del progetto GNU andava crescendo, alcune +persone iniziarono a donare macchine su cui girava Unix. Queste macchine +erano molto utili, perché il modo più semplice di sviluppare componenti per +GNU era di farlo su di un sistema Unix così da sostituire pezzo per pezzo i +componenti di quel sistema. Ma queste macchine sollevavano anche una +questione etica: se fosse giusto per noi anche solo possedere una copia di +Unix. </p> + +<p>Unix era (ed è) software proprietario, e la filosofia del progetto GNU +diceva che non avremmo dovuto usare software proprietario. Ma, applicando +lo stesso ragionamento per cui la violenza è ammessa per autodifesa, +conclusi che fosse legittimo usare un pacchetto proprietario, se ciò fosse +stato importante nel crearne un sostituto libero che permettesse ad altri di +smettere di usare quello proprietario. </p> + +<p>Tuttavia, benchè fosse un male giustificabile, era pur sempre un male. Oggi +non abbiamo più alcuna copia di Unix, perché le abbiamo sostituite con +sistemi operativi liberi. Quando non fu possibile sostituire il sistema +operativo di una macchina con uno libero, sostituimmo la macchina. </p> + +<h3>L'elenco dei compiti GNU</h3> + +<p>Mentre il progetto GNU avanzava, ed un numero sempre maggiore di componenti +di sistema venivano trovati o sviluppati, diventò utile stilare un elenco +delle parti ancora mancanti. Usammo questo elenco per ingaggiare +programmatori che scrivessero tali parti, e l'elenco prese il nome di elenco +dei compiti GNU. In aggiunta ai componenti Unix mancanti inserimmo +nell'elenco svariati progetti utili di programmazione o di documentazione +che a nostro parere non dovrebbero mancare in un sistema operativo veramente +completo. </p> + +<p>Oggi non compare quasi nessun componente Unix nell'elenco dei compiti GNU; +tutti questi lavori, a parte qualcuno non essenziale, sono già stati +svolti. D'altro canto l'elenco è pieno di quei progetti che qualcuno +chiamerebbe "applicazioni": ogni programma che interessi ad una fetta non +trascurabile di utenti sarebbe un'utile aggiunta ad un sistema operativo. </p> + +<p>L'elenco comprende anche dei giochi, e così è stato fin dall'inizio: Unix +comprendeva dei giochi, perciò era naturale che così fosse anche per GNU. Ma +poiché non c'erano esigenze di compatibilità per i giochi, non ci attenemmo +alla scelta di giochi presenti in Unix, preferendo piuttosto fornire un +elenco di diversi tipi di giochi potenzialmente graditi agli utenti. </p> + +<p>(1) Questa considerazione è del 1998. A partire dal 2009 non abbiamo più un +lungo elenco di compiti. La comunità sviluppa software libero così +velocemente che non riusciamo nemmeno a tenere traccia di tutto. Quindi ora +abbiamo un elenco di progetti ad alta priorità, una breve lista di progetti +su cui riteniamo davvero importante che qualcuno si impegni.</p> + +<h3>La licenza GNU per le librerie</h3> + +<p>La libreria C del sistema GNU utilizza un tipo speciale di copyleft, la +"Licenza Pubblica GNU per le Librerie"(1), che permette l'uso della libreria +da parte di software proprietario. Perché quest'eccezione? </p> + +<p>Non si tratta di questioni di principio: non c'è nessun principio che dica +che i prodotti software proprietari abbiano il diritto di includere il +nostro codice (perché contribuire ad un progetto fondato sul rifiuto di +condividere con noi?). L'uso della licenza LGPL per la libreria C, o per +qualsiasi altra libreria, è una questione di strategia. </p> + +<p>La libreria C svolge una funzione generica: ogni sistema operativo +proprietario ed ogni compilatore includono una libreria C. Di conseguenza, +rendere disponibile la nostra libreria C solo per i programmi liberi non +avrebbe dato nessun vantaggio a tali programmi liberi, avrebbe solo +disincentivato l'uso della nostra libreria. </p> + +<p>C'è un'eccezione a questa situazione: sul sistema GNU (termine che include +GNU/Linux) l'unica libreria C disponibile è quella GNU. Quindi i termini di +distribuzione della nostra libreria C determinano se sia possibile o meno +compilare un programma proprietario per il sistema GNU. Non ci sono ragioni +etiche per permettere l'uso di applicazioni proprietarie sul sistema GNU, ma +strategicamente sembra che impedirne l'uso servirebbe più a scoraggiare +l'uso del sistema GNU che non a incoraggiare lo sviluppo di applicazioni +libere. </p> + +<p>Per le altre librerie la strategia va valutata caso per caso. Quando una +libreria svolge una funzione particolare che può aiutare a scrivere certi +tipi di programmi, distribuirla secondo la GPL, quindi limitandone l'uso ai +soli programmi liberi, è un modo per aiutare gli altri autori di software +libero, dando loro un vantaggio nei confronti del software proprietario. </p> + +<p>Prendiamo come esempio GNU Readline, una libreria scritta per fornire a BASH +la possibilità di modificare la linea di comando: Readline è distribuita +secondo la normale licenza GPL, non la LGPL. Ciò probabilmente riduce l'uso +di Readline, ma questo non rappresenta una perdita per noi; d'altra parte +almeno una applicazione utile è stata resa software libero proprio al fine +di usare Readline, e questo è un guadagno tangibile per la comunità. </p> + +<p>Chi sviluppa software proprietario ha vantaggi economici, gli autori di +programmi liberi hanno bisogno di avvantaggiarsi a vicenda. Spero che un +giorno possiamo avere una grande raccolta di librerie coperte dalla licenza +GPL senza che esista una raccolta equivalente per chi scrive software +proprietario. Tale libreria fornirebbe utili moduli da usare come mattoni +per costruire nuovi programmi liberi, e costituirebbe un sostanziale +vantaggio per la scrittura di ulteriori programmi liberi. </p> + +<p>(1) La licenza LGPL è ora denominata "GNU Lesser General Public License", +GPL attenuata, per non suggerire che si tratti della forma di licenza +preferenziale per le librerie. Vedere <a +href="/philosophy/why-not-lgpl.html">Perché non dovreste usare la LGPL per +la vostra prossima libreria</a> per ulteriori informazioni.</p> + +<h3>Togliersi il prurito?</h3> +<p> +Eric Raymond afferma che "ogni buon programma nasce dall'iniziativa di un +programmatore che si vuole togliere un suo personale prurito". É probabile +che talvolta succeda così, ma molte parti essenziali del software GNU sono +state sviluppate al fine di completare un sistema operativo libero. +Derivano quindi da una idea e da un progetto, non da una necessità +contingente. </p> +<p> +Per esempio, abbiamo sviluppato la libreria C di GNU perché un sistema di +tipo Unix ha bisogno di una libreria C, BASH perché un sistema di tipo Unix +ha bisogno di una shell, e GNU tar perché un sistema di tipo Unix ha bisogno +un programma tar. Lo stesso vale per i miei programmi: il compilatore GNU, +GNU Emacs, GDB, GNU Make. </p> +<p> +Alcuni programmi GNU sono stati sviluppati per fronteggiare specifiche +minacce alla nostra libertà: ecco perché abbiamo sviluppato gzip come +sostituto per il programma Compress, che la comunità aveva perduto a causa +dei brevetti sull'algoritmo <abbr title="Lempel-Ziv-Welch">LZW</abbr>. +Abbiamo trovato persone che sviluppassero LessTif, e più recentemente +abbiamo dato vita ai progetti <abbr title="GNU Network Object Model +Environment">GNOME</abbr> e Harmony per affrontare i problemi causati da +alcune librerie proprietarie (come descritto più avanti). Stiamo sviluppando +la GNU Privacy Guard per sostituire i diffusi programmi di crittografia non +liberi, perché gli utenti non siano costretti a scegliere tra riservatezza e +libertà. </p> +<p> +Naturalmente, i redattori di questi programmi sono coinvolti nel loro +lavoro, e varie persone vi hanno aggiunto diverse funzionalità secondo le +loro personali necessità ed i loro interessi. Tuttavia non è questa la +ragione dell'esistenza di tali programmi. </p> + +<h3>Sviluppi inattesi</h3> +<p> +All'inizio del progetto GNU pensavo che avremmo sviluppato l'intero sistema +GNU e poi lo avremmo reso disponibile tutto insieme, ma le cose non andarono +così. </p> +<p> +Poiché i componenti del sistema GNU sono stati implementati su un sistema +Unix, ognuno di essi poteva girare su sistemi Unix molto prima che esistesse +un sistema GNU completo. Alcuni di questi programmi divennero diffusi e gli +utenti iniziarono ad estenderli e a renderli utilizzabili su nuovi sistemi: +sulle varie versioni di Unix, incompatibili tra loro, e talvolta anche su +altri sistemi. </p> +<p> +Questo processo rese tali programmi molto più potenti e attirò finanziamenti +e collaboratori al progetto GNU; tuttavia probabilmente ritardò di alcuni +anni la realizzazione di un sistema minimo funzionante, perché il tempo +degli autori GNU veniva impiegato a curare la compatibilità di questi +programmi con altri sistemi e ad aggiungere nuove funzionalità ai componenti +esistenti, piuttosto che a proseguire nella scrittura di nuovi componenti. </p> + +<h3>GNU-Hurd</h3> +<p> +Nel 1990 il sistema GNU era quasi completo, l'unica parte significativa +ancora mancante era il kernel. Avevamo deciso di implementare il nostro +kernel come un gruppo di processi server che girassero sul sistema +Mach. Mach è un microkernel sviluppato alla Carnegie Mellon University e +successivamente all'Università dello Utah; GNU Hurd è un gruppo di server (o +"herd of GNUs": mandria di GNU) che gira su Mach svolgendo le funzioni del +kernel Unix. L'inizio dello sviluppo fu ritardato nell'attesa che Mach fosse +reso disponibile come software libero, come era stato promesso. </p> +<p> +Una ragione di questa scelta progettuale fu di evitare quella che sembrava +la parte più complessa del lavoro: effettuare il debugging del kernel senza +un debugger a livello sorgente. Questo lavoro era già stato fatto, appunto +in Mach, e avevamo previsto di effettuare il debugging dei server Hurd come +programmi utente, con GDB. Ma questa fase si rivelò molto lunga, ed il +debugging dei server multi-thread che si scambiano messaggi si è rivelato +estremamente complesso. I lavori per rendere Hurd robusto sono così in +corso da molti anni.</p> + +<h3>Alix</h3> +<p> +Originariamente il kernel GNU non avrebbe dovuto chiamarsi Hurd; il suo nome +originale era Alix, come la donna di cui ero innamorato in quel +periodo. Alix, che era amministratrice di sistemi Unix, aveva sottolineato +come il suo nome corrispondesse ad un comune schema usato per battezzare le +versioni del sistema Unix: scherzosamente diceva ai suoi amici: "qualcuno +dovrebbe chiamare un kernel come me". Io non dissi nulla ma decisi di farle +una sorpresa scrivendo un kernel chiamato Alix. </p> +<p> +Le cose non andarono così. Michael Bushnell (ora Thomas), principale autore +del kernel, preferì il nome Hurd, e chiamò Alix una parte del kernel, quella +che serviva a intercettare le chiamate di sistema e a gestirle inviando +messaggi ai server che compongono Hurd. </p> +<p> +Infine io e Alix ci lasciammo e lei cambiò nome; contemporaneamente la +struttura di Hurd veniva cambiata in modo che la libreria C mandasse +messaggi direttamente ai server, e così il componente Alix scomparve dal +progetto.</p> +<p> +Prima che questo accadesse, però, un amico di Alix si accorse della presenza +del suo nome nel codice sorgente di Hurd e glielo disse. Così Alix ebbe +davvero l'opportunità di trovare un kernel col suo nome.</p> + +<h3>Linux e GNU/Linux</h3> +<p> +GNU Hurd non è pronto per un uso non sperimentale, e non sappiamo se mai lo +sarà. Il suo approccio basato sulle caratteristiche ha problemi che derivano +direttamente dalla flessibilità dell'approccio stesso, e non è chiaro se si +possano trovare soluzioni.</p> + +<p> +Per fortuna è disponibile un altro kernel: nel 1991 Linus Torvalds sviluppò +un kernel compatibile con Unix e lo chiamò Linux. All'inizio era software +proprietario, ma nel 1992 lo distribuì come software libero; la combinazione +di Linux con il sistema GNU ancora incompleto produsse un sistema operativo +libero completo (naturalmente combinarli fu un notevole lavoro di per sè). +È grazie a Linux che oggi possiamo utilizzare una versione del sistema GNU. </p> +<p> +Chiamiamo questa versione del sistema <a href="/gnu/linux-and-gnu.html"> +GNU/Linux</a> per sottlineare che si tratta di una combinazione del sistema +GNU con il kernel Linux. Non cadete nell'errore di chiamare +“Linux” l'intero sistema, perché finireste per attribuire il +nostro lavoro ad altri: <a href="/gnu/gnu-linux-faq.html"> dateci la +medesima rilevanza</a>.</p> + +<h3>Le sfide che ci aspettano</h3> +<p> +Abbiamo dimostrato la nostra capacità di sviluppare un'ampia gamma di +software libero, ma questo non significa che siamo invincibili e +inarrestabili. Diverse sfide rendono incerto il futuro del software libero, +e affrontarle richiederà perseveranza e sforzi costanti, talvolta per anni. +Sarà necessaria quella determinazione che le persone sanno dimostrare quando +danno valore alla propria libertà e non permettono a nessuno di +sottrargliela. </p> +<p> +Le quattro sezioni seguenti parlano di queste sfide. </p> + +<h3>Hardware segreto</h3> +<p> +Sempre più spesso, i costruttori di hardware tendono a mantenere segrete le +specifiche delle loro apparecchiature; questo rende difficile la scrittura +di driver liberi che permettano a Linux e XFree86 di supportare nuove +periferiche. Anche se oggi abbiamo sistemi completamente liberi, potremmo +non averli domani se non saremo in grado di supportare i calcolatori di +domani. </p> +<p> +Esistono due modi per affrontare il problema. Un programmatore può +ricostruire le specifiche dell'hardware usando tecniche di reverse +engineering. Oppure si può scegliere hardware supportato dai programmi +liberi: man mano che il nostro numero aumenta, la segretezza delle +specifiche diventerà una pratica controproducente. </p> +<p> +Il reverse engineering è difficile: avremo programmatori sufficientemente +determinati da dedicarvisi? Sì, se avremo costruito una forte consapevolezza +che avere programmi liberi sia una questione di principio e che i driver non +liberi non sono accettabili. E succederà che molti di noi accettino di +spendere un po' di più o perdere un po' più di tempo per poter usare driver +liberi? Sì, se il desiderio di libertà e la determinazione ad ottenerla +saranno diffusi. </p> +<p> +(nota del 2008: questo problema di estende anche al BIOS. Esiste un BIOS +libero, <a href="http://www.libreboot.org/">LibreBoot</a> (una distribuzione +di coreboot); il problema è trovare le specifiche dell'hardware in modo che +LibreBoot possa supportarlo senza ricorrere a "blob" non liberi).</p> + +<h3>Librerie non libere</h3> +<p> +Una libreria non libera che giri su sistemi operativi liberi funziona come +una trappola per i creatori di programmi liberi. Le funzionalità attraenti +della libreria fungono da esca; chi usa la libreria cade nella trappola, +perché il programma che crea è inutile come parte di un sistema operativo +libero (a rigore, il programma potrebbe esservi incluso, ma <em>non +funzionerebbe</em>, visto che manca la libreria). Peggio ancora, se un +programma che usa la libreria proprietaria diventa diffuso, può attirare +altri ignari programmatori nella trappola. </p> +<p> +Il problema si concretizzò per la prima volta con la libreria Motif, negli +anni '80. Sebbene non ci fossero ancora sistemi operativi liberi, i +problemi che Motif avrebbe causato loro erano già chiari. Il progetto GNU +reagì in due modi: interessandosi presso diversi progetti di software libero +perché supportassero gli strumenti grafici X liberi in aggiunta a Motif, e +cercando qualcuno che scrivesse un sostituto libero di Motif. Il lavoro +richiese molti anni: solo nel 1997 LessTif, sviluppato dagli "Hungry +Programmers", divenne abbastanza potente da supportare la maggior parte +delle applicazioni Motif. </p> +<p> +Tra il 1996 e il 1998 un'altra libreria non libera di strumenti grafici, +chiamata Qt, veniva usata in una significativa raccolta di software libero: +l'ambiente grafico <abbr title="K Desktop Environment">KDE</abbr>.</p> +<p> +I sistemi liberi GNU/Linux non potevano usare KDE, perché non potevamo usare +la libreria; tuttavia, alcuni distributori commerciali di sistemi GNU/Linux, +non scrupolosi nell'attenersi solo ai programmi liberi, aggiunsero KDE ai +loro sistemi, ottenendo così sistemi che offrivano più funzionalità, ma meno +libertà. Il gruppo che sviluppava KDE incoraggiava esplicitamente altri +programmatori ad usare Qt, e milioni di nuovi "utenti Linux" non +sospettavano minimamente che questo potesse costituire un problema. La +situazione si faceva pericolosa. </p> +<p> +La comunità del software libero affrontò il problema in due modi: GNOME e +Harmony. </p> +<p> +GNOME (GNU Network Object Model Environment, modello di ambiente per oggetti +di rete) è il progetto GNU per l'ambiente grafico (desktop). Intrapreso nel +1997 da Miguel de Icaza e sviluppato con il supporto di Red Hat Software, +GNOME si ripromise di fornire funzionalità grafiche simili a quelle di KDE, +ma usando esclusivamente software libero. GNOME offre anche dei vantaggi +tecnici, come il supporto per svariati linguaggi di programmazione, non solo +il C++. Ma il suo scopo principale era la libertà: non richiedere l'uso di +alcun programma che non fosse libero. </p> +<p> +Harmony è una libreria compatibile con Qt, progettata per rendere possibile +l'uso del software KDE senza dover usare Qt. </p> +<p> +Nel novembre 1998 gli autori di Qt annunciarono un cambiamento di licenza +che, una volta operativo, avrebbe reso Qt software libero. Non c'è modo di +esserne certi, ma credo che questo fu in parte dovuto alla decisa risposta +della comunità al problema posto da Qt quando non era libero (la nuova +licenza è scomoda ed iniqua, per cui rimane comunque preferibile evitare +l'uso di Qt). </p> +<p> +[Nota successiva: nel mese di settembre 2000, Qt fu rilasciata sotto licenza +GNU GPL, il che di fatto risolse il problema].</p> +<p> +Come risponderemo alla prossima allettante libreria non libera? Riuscirà la +comunità in toto a comprendere l'importanza di evitare la trappola? Oppure +molti di noi preferiranno la convenienza alla libertà, creando così ancora +un grave problema? Il nostro futuro dipende dalla nostra filosofia. </p> + +<h3>Brevetti sul software</h3> +<p> +Il maggior pericolo a cui ci troviamo di fronte è quello dei brevetti sul +software, che possono rendere inaccessibili al software libero algoritmi e +funzionalità per un tempo che può estendersi fino a vent'anni. I brevetti +sugli algoritmi di compressione LZW furono depositati nel 1983, e ancor oggi +non possiamo distribuire programmi liberi che producano immagini <abbr +title="Graphics Interchange Format">GIF</abbr> compresse. [Il problema ora +non sussiste più, i brevetti sono scaduti entro il 2009]. Nel 1998 un +programma libero per produrre audio compresso <abbr title="MPEG-1 Audio +Layer 3">MP3</abbr> venne ritirato sotto minaccia di una causa per +violazione di brevetto. [Questi brevetti sono scaduti nel 2017, dopo +un'attesa davvero lunga]. +</p> +<p> +Ci sono modi per affrontare la questione brevetti: possiamo cercare prove +che un brevetto non sia valido oppure possiamo cercare modi alternativi per +ottenere lo stesso risultato. Ognuna di queste tecniche, però, funziona +solo in certe circostanze; quando entrambe falliscono un brevetto può +obbligare tutto il software libero a rinunciare a qualche funzionalità che +gli utenti desiderano. Dopo una lunga attesa, i brevetti scadono (tutti +quelli sul formato MP3 scadono entro il 2018), ma nel frattempo cosa +dobbiamo fare?</p> +<p> +Chi fra noi apprezza il software libero per il valore della libertà rimarrà +comunque dalla parte dei programmi liberi; saremo in grado di svolgere il +nostro lavoro senza le funzionalità coperte da brevetto. Ma coloro che +apprezzano il software libero perché si aspettano che sia tecnicamente +superiore probabilmente grideranno al fallimento quando un brevetto ne +impedisce lo sviluppo. Perciò, nonostante sia utile parlare dell'efficacia +pratica del modello di sviluppo “a bazaar”, e dell'affidabilità +e della potenza di un dato programma libero, non ci dobbiamo fermare qui; +dobbiamo parlare di libertà e di principi. </p> + +<h3>Documentazione libera</h3> +<p> +La più grande carenza nei nostri sistemi operativi liberi non è nel +software, quanto nella carenza di buoni manuali liberi da includere nei +nostri sistemi. La documentazione è una parte essenziale di qualunque +pacchetto software; quando un importante pacchetto software libero non viene +accompagnato da un buon manuale libero si tratta di una grossa lacuna. E di +queste lacune attualmente ne abbiamo molte. </p> +<p> +La documentazione libera, come il software libero, è una questione di +libertà, non di prezzo. Il criterio per definire libero un manuale è +fondamentalmente lo stesso che per definire libero un programma: si tratta +di offrire certe libertà a tutti gli utenti. Deve essere permessa la +redistribuzione (compresa la vendita commerciale), sia in formato +elettronico che cartaceo, in modo che il manuale possa accompagnare ogni +copia del programma. </p> +<p> +Autorizzare la modifica è anch'esso un aspetto cruciale; in generale, non +credo sia essenziale permettere alle persone di modificare articoli e libri +di qualsiasi tipo. Per esempio, non credo che voi o io dobbiamo sentirci in +dovere di autorizzare la modifica di articoli come questo, articoli che +descrivono le nostre azioni e il nostro punto di vista. </p> +<p> +Ma c'è una ragione particolare per cui la libertà di modifica è cruciale per +la documentazione dei programmi liberi. Quando qualcuno esercita il proprio +diritto di modificare il programma, aumentandone o alterandone le +funzionalità, se è coscienzioso modificherà anche il manuale, in modo da +poter fornire una documentazione utile e accurata insieme al programma +modificato. Un manuale non libero, che non permetta ai programmatori di +essere coscienziosi e completare il loro lavoro, non soddisfa i bisogni +della nostra comunità. </p> +<p> +Alcuni limiti sulla modificabilità non pongono alcun problema; per esempio, +le richieste di conservare la nota di copyright dell'autore originale, i +termini di distribuzione e la lista degli autori vanno bene. Non ci sono +problemi nemmeno nel richiedere che le versioni modificate dichiarino +esplicitamente di essere tali, così pure che intere sezioni non possano +essere rimosse o modificate, finché queste sezioni vertono su questioni non +tecniche. Restrizioni di questo tipo non creano problemi perché non +impediscono al programmatore coscienzioso di adattare il manuale affinché +rispecchi il programma modificato. In altre parole, non impediscono alla +comunità del software libero di beneficiare appieno dal manuale. </p> +<p> +D'altro canto, deve essere possibile modificare tutto il contenuto +<strong>tecnico</strong> del manuale e poter distribuire il risultato in +tutti i formati usuali, attraverso tutti i normali canali di distribuzione; +diversamente, le restrizioni creerebbero un ostacolo per la comunità, il +manuale non sarebbe libero e avremmo bisogno di un altro manuale. </p> +<p> +Gli sviluppatori di software libero avranno la consapevolezza e la +determinazione necessarie a produrre un'intera gamma di manuali liberi? +Ancora una volta, il nostro futuro dipende dalla nostra filosofia. </p> + +<h3>Dobbiamo parlare di libertà</h3> +<p> +Stime recenti valutano in dieci milioni il numero di utenti di sistemi +GNU/Linux quali Debian GNU/Linux e Red Hat "Linux". Il software libero ha +creato tali vantaggi pratici che gli utenti stanno approdando ad esso per +pure ragioni pratiche. </p> +<p> +Gli effetti positivi di questa situazione sono evidenti: maggior interesse a +sviluppare software libero, più clienti per le imprese di software libero e +una migliore capacità di incoraggiare le aziende a sviluppare software +commerciale libero invece che prodotti software proprietari. </p> +<p> +L'interesse per il software, però, sta crescendo più in fretta della +coscienza della filosofia su cui è basato, e questa disparità causa +problemi. La nostra capacità di fronteggiare le sfide e le minacce +descritte in precedenza dipende dalla determinazione nell'essere impegnati +per la libertà. Per essere sicuri che la nostra comunità abbia tale +determinazione, dobbiamo diffondere l'idea presso i nuovi utenti man mano +che entrano a far parte della comunità. </p> +<p> +Ma in questo stiamo fallendo: gli sforzi per attrarre nuovi utenti nella +comunità sono di gran lunga maggiori degli sforzi per l'educazione civica +della comunità stessa. Dobbiamo fare entrambe le cose, e dobbiamo mantenere +un equilibrio fra i due impegni. </p> + +<h3>"Open Source"</h3> +<p> +Parlare di libertà ai nuovi utenti è diventato più difficile dal 1998, +quando una parte della comunità decise di smettere di usare il termine "free +software" e usare al suo posto "open source". </p> +<p> +Alcune delle persone che suggerirono questo termine intendevano evitare che +si confondesse "free" con "gratis", un valido obiettivo. D'altra parte, +altre persone intendevano mettere da parte lo spirito del principio che +aveva dato la spinta al movimento del software libero e al progetto GNU, +puntando invece ad attrarre i dirigenti e gli utenti commerciali, molti dei +quali afferiscono ad una ideologia che pone il profitto al di sopra della +libertà, della comunità, dei principi. Perciò la retorica di "open source" +si focalizza sul possibilità di creare software di buona qualità e potente +ma evita deliberatamente le idee di libertà, comunità, principio. </p> +<p> +Le riviste che si chiamano "Linux..." sono un chiaro esempio di ciò: sono +piene di pubblicità di software proprietario che gira sotto GNU/Linux; +quando ci sarà il prossimo Motif o Qt, queste riviste avvertiranno i +programmatori di starne lontano o accetteranno la sua pubblicità? </p> +<p> +L'appoggio delle aziende può contribuire alla comunità in molti modi; a +parità di tutto il resto è una cosa utile. Ma ottenere questo appoggio +parlando ancor meno di libertà e principi può essere disastroso; rende +ancora peggiore lo sbilanciamento descritto tra diffusione ed educazione +civica. </p> +<p> +"Software libero" (free software) e "sorgente aperto" (open source) +descrivono più o meno la stessa categoria di software, ma dicono cose +differenti sul software e sui valori. Il progetto GNU continua ad usare il +termine "software libero" per esprimere l'idea che la libertà sia +importante, non solo la tecnologia. </p> + +<h3>Prova!</h3> +<p> +La filosofia di Yoda ("Non c'è provare") suona bene, ma per me non +funziona. Ho fatto la maggior parte del mio lavoro angustiato dal timore di +non essere in grado di svolgere il mio compito e nel dubbio, se fossi +riuscito, che non fosse sufficiente per raggiungere l'obiettivo. Ma ci ho +provato in ogni caso perché nessuno tranne me si poneva tra il nemico e la +mia città. Sorprendendo me stesso, qualche volta sono riuscito. </p> +<p> +A volte ho fallito, alcune delle mie città sono cadute; poi ho trovato +un'altra città minacciata e mi sono preparato ad un'altra battaglia. Con +l'andar del tempo ho imparato a cercare le possibili minacce e a mettermi +tra loro e la mia città, facendo appello ad altri hacker perché venissero e +si unissero a me. </p> +<p> +Oggigiorno spesso non sono da solo. É un sollievo ed una gioia quando vedo +un reggimento di hacker che scavano trincee per difendere il confine e +quando mi rendo conto che questa città può sopravvivere; per ora. Ma i +pericoli diventano più grandi ogni anno, ed ora Microsoft ha esplicitamente +preso di mira la nostra comunità. Non possiamo dare per scontato il futuro +della libertà; non diamolo per scontato! Se volete mantenere la vostra +libertà dovete essere pronti a difenderla. </p> + +<div class="translators-notes"> + +<!--TRANSLATORS: Use space (SPC) as msgstr if you don't have notes.--> + </div> +</div> + +<!-- for id="content", starts in the include above --> +<!--#include virtual="/server/footer.it.html" --> +<div id="footer"> +<div class="unprintable"> + +<p>Per informazioni su FSF e GNU rivolgetevi, possibilmente in inglese, a <a +href="mailto:gnu@gnu.org"><gnu@gnu.org></a>. Ci sono anche <a +href="/contact/">altri modi di contattare</a> la FSF. Inviate segnalazioni +di link non funzionanti e altri suggerimenti relativi alle pagine web a <a +href="mailto:webmasters@gnu.org"><webmasters@gnu.org></a>.</p> + +<p> +<!-- TRANSLATORS: Ignore the original text in this paragraph, + replace it with the translation of these two: + + We work hard and do our best to provide accurate, good quality + translations. However, we are not exempt from imperfection. + Please send your comments and general suggestions in this regard + to <a href="mailto:web-translators@gnu.org"> + + <web-translators@gnu.org></a>.</p> + + <p>For information on coordinating and submitting translations of + our web pages, see <a + href="/server/standards/README.translations.html">Translations + README</a>. --> +Le traduzioni italiane sono effettuate ponendo la massima attenzione ai +dettagli e alla qualità, ma a volte potrebbero contenere imperfezioni. 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For web pages, it is ok to list just the latest year the + document was modified, or published. + + If you wish to list earlier years, that is ok too. + Either "2001, 2002, 2003" or "2001-2003" are ok for specifying + years, as long as each year in the range is in fact a copyrightable + year, i.e., a year in which the document was published (including + being publicly visible on the web or in a revision control system). + + There is more detail about copyright years in the GNU Maintainers + Information document, www.gnu.org/prep/maintain. --> +<p>Copyright © 1998, 2001, 2002, 2005, 2006, 2007, 2008, 2010, 2014, 2015, +2017, 2018, 2020 Richard Stallman</p> + +<p>Questa pagina è distribuita secondo i termini della licenza <a rel="license" +href="http://creativecommons.org/licenses/by-nd/4.0/">Creative Commons +Attribuzione - Non opere derivate 4.0 internazionale</a> (CC BY-ND 4.0).</p> + +<!--#include virtual="/server/bottom-notes.it.html" --> +<div class="translators-credits"> + +<!--TRANSLATORS: Use space (SPC) as msgstr if you don't want credits.--> +Tradotto originariamente da Lorenzo Bettini, Antonio Cisternino, Alberto +Mari, Francesco Potortì, Alessandro Rubini. Revisioni successive di +Alessandro Rubini, Francesco Potortì, Lorenzo Bettini, Alberto Mari, Andrea +Pescetti.</div> + +<p class="unprintable"><!-- timestamp start --> +Ultimo aggiornamento: + +$Date: 2020/09/10 02:29:00 $ + +<!-- timestamp end --> +</p> +</div> +</div> +<!-- for class="inner", starts in the banner include --> +</body> +</html> |