From 1ae0306a3cf2ea27f60b2d205789994d260c2cce Mon Sep 17 00:00:00 2001 From: Christian Grothoff Date: Sun, 11 Oct 2020 13:29:45 +0200 Subject: add i18n FSFS --- .../articles/it/misinterpreting-copyright.html | 766 +++++++++++++++++++++ 1 file changed, 766 insertions(+) create mode 100644 talermerchantdemos/blog/articles/it/misinterpreting-copyright.html (limited to 'talermerchantdemos/blog/articles/it/misinterpreting-copyright.html') diff --git a/talermerchantdemos/blog/articles/it/misinterpreting-copyright.html b/talermerchantdemos/blog/articles/it/misinterpreting-copyright.html new file mode 100644 index 0000000..27f0004 --- /dev/null +++ b/talermerchantdemos/blog/articles/it/misinterpreting-copyright.html @@ -0,0 +1,766 @@ + + + + + + +L'interpretazione sbagliata del copyright - Progetto GNU - Free Software +Foundation + + + +

L'interpretazione sbagliata del copyright - una serie di errori

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di Richard Stallman

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+Qualcosa di strano e pericoloso sta accadendo alle legislazioni in materia +di copyright (diritto d'autore). Come stabilito dalla Costituzione degli +Stati Uniti, il copyright esiste a beneficio degli utenti —chiunque +legga dei libri, ascolti della musica, guardi dei film o utilizzi del +software— non nell'interesse degli editori o degli autori. Tuttavia, +anche quando la gente tende sempre più a rifiutare e disubbidire alle +restrizioni sul copyright imposte “a loro beneficio”, il governo +statunitense vi aggiunge ulteriori restrizioni, cercando di intimorire il +pubblico e costringerlo ad ubbidire sotto la pressione di nuove e pesanti +sanzioni.

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+In che modo le procedure sul copyright sono divenute diametralmente opposte +agli obiettivi dichiarati? E come possiamo fare in modo che tornino ad +allinearsi con tali obiettivi? Per comprendere la situazione, è bene partire +dando un'occhiata alle radici delle leggi sul copyright degli Stati Uniti, +il testo della stessa Costituzione.

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Il copyright nella Costituzione statunitense

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+Nella stesura del testo della Costituzione, l'idea che agli autori potesse +essere riconosciuto il diritto al monopolio sul copyright venne proposta +—e rifiutata. I padri fondatori degli Stati Uniti partirono da una +premessa diversa, secondo cui il copyright non è un diritto naturale degli +autori, quanto piuttosto una condizione artificiale concessa loro per il +bene del progresso. La Costituzione permette l'esistenza di un sistema sul +copyright tramite il seguente paragrafo (articolo I, sezione 8):

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+[Il Congresso avrà il potere di] promuovere il progresso della scienza e +delle arti utili, garantendo per periodi di tempo limitati ad autori e +inventori il diritto esclusivo ai rispettivi testi scritti e invenzioni. +

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+La Corte Suprema ha ripetutamente affermato che promuovere il progresso +significa apportare dei benefici agli utenti delle opere coperte da +copyright. Ad esempio, nella causa Fox Film v. Doyal, la Corteha +sostenuto:

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+L'unico interesse degli Stati Uniti e l'obiettivo primario nell'assegnazione +del monopolio [sul copyright] stanno nei benefici generali per il pubblico +derivati dai lavori degli autori. +

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+Questa decisione fondamentale illustra il motivo per cui nella Costituzione +statunitense il copyright non viene imposto, bensì soltanto +consentito in quanto opzione possibile — e perché se +ne ipotizza la durata per “periodi di tempo limitati”. Se si +trattasse di un diritto naturale, qualcosa che gli autori hanno perché lo +meritano, nulla potrebbe giustificarne la cessazione dopo un determinato +periodo, al pari dell'abitazione di qualcuno che dovesse divenire di +proprietà pubblica trascorso un certo tempo dalla sua costruzione.

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Il “contratto sul copyright”

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+Il sistema del copyright funziona tramite l'assegnazione di privilegi e +relativi benefici per editori e autori. Ma non lo fa nell'interesse di +costoro, quanto piuttosto per modificarne il comportamento: per fornire un +incentivo agli autori a scrivere e pubblicare di più. In effetti, il governo +utilizza i diritti naturali del pubblico, a nome di quest'ultimo, come parte +di una trattativa contrattuale finalizzata ad offrire allo stesso pubblico +un maggior numero di opere. Gli esperti legali definiscono questo concetto +“contratto sul copyright”. Qualcosa di analogo all'acquisto da +parte del governo di un'autostrada o di un aeroplano usando i soldi dei +contribuenti, con la differenza che qui il governo spende la nostra libertà +anziché il nostro denaro.

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+Ma l'esistenza di un tale contratto può davvero considerarsi un buon affare +per il pubblico? È possibile considerare molti altri accordi alternativi; +qual è il migliore? Ogni singola questione inerente le procedure sul +copyright rientra nel contesto di una simile domanda. Se non si comprende +pienamente la natura di tale domanda, tenderemo a prendere decisioni errate +sulle varie questioni coinvolte.

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+La Costituzione autorizza l'assegnazione dei poteri del copyright agli +autori. In pratica, gli autori tipicamente li cedono agli editori; +generalmente spetta a questi ultimi, non agli autori, l'esercizio di tali +poteri onde trarne la maggior parte dei benefici, pur se agli autori ne +viene riservata una piccola porzione. Ne consegue che normalmente sono gli +editori a spingere per l'incremento dei poteri conferiti dal copyright. Onde +offrire una riflessione più attenta sulla realtà del copyright, piuttosto +che sui suoi miti, il presente saggio cita gli editori, anziché gli autori, +come detentori dei poteri del copyright. Ci si riferisce inoltre agli utenti +delle opere sotto copyright con il termine di “lettori”, pur se +non sempre s'intende l'azione di leggere, perché “utenti” è +troppo astratto e lontano.

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Primo errore: “il raggiungimento di un equilibrio”

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+Il contratto sul copyright pone il pubblico al primo posto: il beneficio per +il lettore è un fine in quanto tale; i benefici (nel caso esistano) per gli +editori non rappresentano altro che un mezzo per il raggiungimento di quel +fine. Gli interessi dei lettori e quelli degli editori sono qualitativamente +diseguali nelle rispettive priorità. Il primo passo verso un'errata +interpretazione degli obiettivi del copyright consiste nell'elevare gli +interessi degli editori al medesimo livello d'importanza di quelli dei +lettori.

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+Si dice spesso che la legislazione statunitense sul copyright mira al +“raggiungimento di un equilibrio” tra gli interessi degli +editori e quelli dei lettori. I sostenitori di questa interpretazione la +presentano come una riproposizione delle posizioni di partenza affermate +nella Costituzione; in altri termini, ciò viene ritenuto l'equivalente del +contratto sul copyright.

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+Ma le due interpretazione sono tutt'altro che equivalenti; sono differenti a +livello concettuale, come pure nelle implicazioni annesse. L'idea di +equilibrio dà per scontato che gli interessi di editori e lettori +differiscano per importanza soltanto a livello quantitativo, rispetto a +quanto peso va assegnato a tali interessi e in quali circostanze +questi vadano applicati. Allo scopo di inquadrare la questione in un simile +contesto, spesso si ricorre al concetto di “partecipazione +equa”; in tal modo si assegna il medesimo livello d'importanza a +ciascun tipo d'interesse per quanto concerne le decisioni sulle procedure +applicative. Questo scenario ripudia la distinzione qualitativa tra gli +interessi degli editori e quelli dei lettori che è alla radice della +partecipazione del governo nelle trattative contrattuali sul copyright.

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+Le conseguenze di una simile alterazione della situazione appaiono di ampia +portata, perché la grande protezione del pubblico inclusa nel contratto sul +copyright —l'idea secondo cui i privilegi del copyright possano +trovare giustificazione soltanto in nome dei lettori, mai in nome degli +editori— viene ripudiata dall'interpretazione del +“raggiungimento di un equilibrio”. Poiché l'interesse degli +editori è considerato un fine in se stesso, può motivarne i privilegi sul +copyright; in altre parole, il concetto di “equilibrio” sostiene +che i privilegi possano trovare giustificazione in nome di qualche soggetto +che non sia il pubblico.

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+A livello pratico, la conseguenza di tale concetto di +“equilibrio” consiste nel ribaltare l'onere di motivare i +cambiamenti da apportare alle legislazioni in materia. Il contratto sul +copyright impegna gli editori a convincere i lettori nel cedere loro +determinate libertà. Praticamente l'idea di equilibrio capovolge +quest'onere, perché in genere non esiste alcun dubbio che gli editori +trarranno beneficio dai privilegi aggiuntivi. Così, a meno di non comprovare +un danno arrecato ai lettori, sufficiente da “pesare di più” di +tale beneficio, siamo inclini a concludere che agli editori vada garantito +pressoché qualsiasi privilegio richiesto.

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+L'idea del “raggiungimento di un equilibrio” tra editori e +lettori va respinta, in quanto nega a questi ultimi la priorità cui hanno +diritto.

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Raggiungere un equilibrio con cosa?

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+Quando il governo acquista qualcosa per il pubblico, agisce in nome di +quest'ultimo; è sua responsabilità ottenere l'accordo più vantaggioso +possibile —per il pubblico, non per gli altri soggetti coinvolti nella +trattativa.

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+Ad esempio, quando firma un contratto con degli imprenditori edili per la +costruzione di autostrade, il governo tende a spendere la minima quantità +possibile di denaro pubblico. Le agenzie statali ricorrono a gare d'appalto +competitive per spingere i prezzi al ribasso.

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+A livello pratico, il prezzo non può risultare pari a zero, perché gli +imprenditori non accettano contratti così bassi. Pur in assenza di +condizioni particolari, costoro hanno i medesimi diritti di ogni cittadino +in una società libera, compreso quello di rifiutare contratti svantaggiosi; +per un imprenditore anche l'offerta più bassa potrebbe rivelarsi sufficiente +onde guadagnare qualcosa. Esiste quindi una sorta di equilibrio. Ma non si +tratta di un equilibrio deliberatamente cercato tra due interessi che +esigono considerazioni particolari. È un equilibrio tra un obiettivo +pubblico e le dinamiche del mercato. Il governo tenta di ottenere per i +contribuenti motorizzati il miglior contratto possibile nel contesto di una +società libera e di un libero mercato.

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+Nella trattativa contrattuale sul copyright, il governo spende la nostra +libertà anziché il nostro denaro. La prima è più preziosa del secondo, +motivo per cui la responsabilità del governo nello spenderla in maniera +saggia e parsimoniosa è decisamente maggiore di quella relativa alle spese +economiche. Lo stato non deve mai porre gli interessi degli editori sullo +stesso piano della libertà del pubblico.

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Non “equilibrio” ma “scambio”

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+L'idea di raggiungere un equilibrio tra gli interessi dei lettori e quelli +degli editori è la maniera sbagliata di giudicare le procedure sul +copyright, ma in realtà esistono due interessi da soppesare: entrambi +riguardano i lettori. Questi hanno interesse nella propria +libertà per l'utilizzo delle opere pubblicate; a seconda delle circostanze, +possono inoltre avere interesse nell'incoraggiare la pubblicazione tramite +qualche sistema d'incentivazione.

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+Nelle discussioni in tema di copyright, il termine “equilibrio” +è divenuto sinonimo di scorciatoia per l'idea di “raggiungere +l'equilibrio” tra lettori ed editori. Di conseguenza, l'uso di tale +termine per indicare questi due interessi dei lettori provocherebbe +confusione.[1] C'è bisogno di un altro termine.

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+In generale, quando un'entità presenta due obiettivi in parziale conflitto +tra loro e non è in grado di raggiungerli entrambi in maniera completa, la +situazione viene definita “scambio”. Pertanto, anziché riferirci +al “raggiungimento del giusto equilibrio” tra entità diverse, +dovremmo parlare di “trovare il giusto scambio tra il consumo e la +conservazione della libertà”.

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Secondo errore: privilegiare un unico aspetto

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+Il secondo errore delle politiche sul copyright consiste nell'adottare +l'obiettivo di massimizzare la quantità di opere pubblicate, non soltanto di +incrementarle. L'erroneo concetto del “raggiungimento del giusto +equilibrio” aveva posto gli editori al medesimo livello dei lettori; +questo secondo errore li eleva molto al di sopra.

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+Quando compriamo qualcosa, generalmente non acquistiamo l'intera quantità di +articoli disponibili in magazzino o il modello più costoso. Preferiamo +piuttosto risparmiare per ulteriori compere, acquistando soltanto quanto ci +occorre di una determinata merce, e scegliendo un modello di buon livello +anziché della qualità migliore in assoluto. Sulla base del principio della +diminuzione del profitto, spendere tutti i soldi per un unico articolo si +rivela con tutta probabilità una gestione inefficiente delle risorse +disponibili; in genere si preferisce conservare una parte dei soldi per +altri usi.

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+La diminuzione del profitto si applica al copyright come a qualsiasi +acquisto. Le prime libertà che dovremmo scambiare sono quelle di cui potremo +fare più facilmente a meno, pur offrendo il maggiore incoraggiamento +possibile alla pubblicazione. Mentre barattiamo le libertà aggiuntive via +via più familiari, ci rendiamo conto come ogni scambio comporti un +sacrificio maggiore del precedente, portando al contempo un minore +incremento all'attività letteraria. Assai prima che tale incremento +raggiunga quota zero, possiamo ben dire che ciò non giustifica ulteriori +aumenti di prezzo; dovremmo quindi raggiungere un accordo che preveda +l'aumento del numero delle pubblicazioni, senza tuttavia arrivare al massimo +possibile.

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+L'accettazione dell'obiettivo di massimizzare la quantità delle +pubblicazioni comporta il rifiuto aprioristico di tutti questi accordi più +saggi e vantaggiosi —tale posizione impone al pubblico di cedere quasi +tutta la propria libertà di utilizzo delle opere pubblicate, in cambio di un +incremento modesto delle pubblicazioni.

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La retorica della massimizzazione

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+In pratica, l'obiettivo di massimizzare le pubblicazioni prescindendo dal +prezzo imposto alla libertà si fonda sulla diffusa retorica secondo cui la +copia pubblica sia qualcosa di illegale, ingiusto e intrinsecamente +sbagliato. Ad esempio, gli editori definiscono “pirati”coloro +che copiano, termine dispregiativo mirato ad equiparare l'assalto a una nave +e la condivisione delle informazioni con il vicino di casa. (Quel termine +dispregiativo era già stato impiegato dagli autori per descrivere quegli +editori che avevano scovato dei modi legali per pubblicare edizioni non +autorizzate; il suo utilizzo attuale da parte degli editori riveste un +significato pressoché opposto). Questa retorica ripudia direttamente le basi +costituzionali a supporto del copyright, ma si presenta come rappresentativa +dell'inequivocabile tradizione del sistema legale americano.

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+In genere la retorica del “pirata” viene accettata perché inonda +a tal punto tutti i media che pochi riescono ad afferrarne la radicalità. Si +dimostra efficace perché, se la copia a livello pubblico è fondamentalmente +qualcosa di illegittimo, non potremmo mai obiettare alla richiesta degli +editori di cedere quella libertà che ci appartiene. In altre parole, quando +il pubblico viene sfidato a spiegare perché gli editori non dovrebbero +ottenere ulteriori poteri, il motivo più importante di tutti +—“vogliamo copiare”— subisce una degradazione +aprioristica.

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+Ciò non lascia spazio per controbattere l'incremento di potere assegnato al +copyright se non ricorrendo a questioni collaterali. Di conseguenza oggi +l'opposizione al maggior potere del copyright poggia quasi esclusivamente su +tali questioni collaterali, e non osa mai citare la libertà di distribuire +delle copie in quanto legittimo valore pubblico.

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+A livello pratico, l'obiettivo della massimizzazione consente agli editori +di sostenere che “una determinata pratica sta portando alla riduzione +delle vendite —o crediamo possa farlo— così riteniamo che ciò +sia causa della diminuzione di una quantità imprecisata di pubblicazioni, e +di conseguenza occorre proibirla”. Siamo portati a credere +all'oltraggiosa conclusione secondo cui il bene pubblico vada misurato dalle +vendite degli editori. Quello che va bene per i Grandi Media va bene per gli +Stati Uniti.

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Terzo errore: massimizzare il potere degli editori

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+Una volta riconosciuto agli editori l'assenso ad una politica mirata alla +massimizzazione della quantità di pubblicazioni in circolazione, costi quel +che costi, il passo successivo è quello di ritenere che ciò significhi +assegnare loro i massimi poteri possibili —ricorrendo al copyright per +regolamentare ogni impiego immaginabile di un'opera, oppure applicando altri +strumenti legali dall'effetto analogo, tipo le licenze accettate +automaticamente dall'utente nel momento in cui apre la confezione originale +di un prodotto. Quest'obiettivo, che implica l'abolizione di ogni uso +legittimo e del diritto alla prima vendita viene perseguito con forza ad +ogni livello governativo, dai singoli stati USA alle organizzazioni +internazionali.

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+Si tratta di una procedura errata perché norme sul copyright eccessivamente +rigide impediscono la creazione di opere nuove e utili. Ad esempio, +Shakespeare prese in prestito la trama di alcuni suoi testi teatrali da +altri lavori in circolazione già da alcuni decenni; applicando a quell'epoca +le odierne norme sul copyright, le sue opere avrebbero dovuto considerarsi +illegali.

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+Pur mirando alla maggiore quantità possibile di pubblicazioni, volendo +ignorarne il prezzo ai danni del pubblico, è sbagliato arrivarci +massimizzando i poteri degli editori. Come mezzo per la promozione del +progresso, ciò si rivela controproducente.

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I risultati dei tre errori

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+L'attuale tendenza delle legislazioni sul copyright è quella di concedere +agli editori maggiori poteri per periodi di tempo più lunghi. Il principio +concettuale del copyright, che emerge distorto a seguito della serie di +errori sopra illustrati, raramente offre la base per poter dire no a tale +tendenza. A parole i legislatori sostengono l'idea del copyright al servizio +del pubblico, mentre in realtà cedono a qualunque richiesta degli editori.

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+Ad esempio, così si è espresso il senatore statunitense Hatch nel 1995, +durante la presentazione del disegno di legge S. 483 finalizzato +all'estensione dei termini del copyright di ulteriori 20 anni:

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+Credo che oggi il punto sia quello di dare una risposta alla domanda se gli +odierni termini del copyright possano tutelare adeguatamente gli interessi +degli autori e alla questione connessa se quei termini possano continuare a +fornire un sufficiente incentivo per la creazione di nuove opere. +

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+Questa legge ha esteso il copyright su opere già pubblicate, scritte a +partire dal 1920. La modifica è stata un regalo agli editori senza alcun +possibile beneficio per il pubblico, poiché è impossibile aumentare in +maniera retroattiva il numero di libri pubblicati allora. Tuttavia ciò costa +al pubblico una libertà oggi significativa - la redistribuzione dei libri +del passato. Si noti l'uso del termine propagandistico “proteggere”, +che denota il secondo dei tre errori.

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+La normativa estende inoltre il copyright di opere che devono essere ancora +scritte. Per i lavori su commissione, il copyright durerà 95 anni invece +degli attuali 75. In teoria ciò dovrebbe rivelarsi un maggiore incentivo per +la creazione di nuove opere; ma qualunque editore che sostenga la necessità +di un simile incentivo dovrebbe motivarlo con delle previsioni di bilancio +fino a 75 anni dopo.

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+Inutile aggiungere che il Congresso non ha posto in dubbio gli argomenti +degli editori: la legislazione per l'estensione del copyright è stata +approvata nel 1998. È stata ufficialmente chiamata Sonny Bono Copyright Term +ExtensionAct, riprendendo il nome di uno dei proponenti poi scomparso in +quell'anno. Noi la chiamiamo Mickey Mouse Copyright Act, perché abbiamo il +sospetto che il motivo di questa legge sia quello di evitare che scada il +copyright su Mickey Mouse. La vedova di Bono, che ne ha proseguito il +mandato parlamentare, ha rilasciato la seguente dichiarazione:

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+In realtà, Sonny voleva far durare il copyright all'infinito. Qualcuno dello +staff mi ha informato che ciò violerebbe la Costituzione. Vi invito tutti a +lavorare con me per rafforzare le norme sul copyright in ogni modo +possibile. Come sapete, esiste anche una proposta di Jack Valenti per farlo +durare indefinitamente meno un giorno. Forse la commissione potrebbe +prenderla in esame nel corso della prossima sessione congressuale. +

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+Posteriormente la Corte Suprema esaminò un caso in cui si chiedeva +l'annullamento della norma sulla base del fatto che un'estensione +retroattiva sia contraria all'obiettivo costituzionale della promozione del +progresso. La Corte rispose abdicando alle proprie responsabilità +attribuendole al giudice; in materia di copyright, la Costituzione esige +solo dei bei discorsi.

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+Un'altra legge, approvata nel 1997, ha trasformato in reato grave la copia, +in quantità sufficientemente elevate, di qualsiasi lavoro pubblicato, anche +nel caso di successiva distribuzione agli amici per pura gentilezza. In +precedenza ciò non veniva affatto considerato reato negli Stati Uniti.

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+Una legislazione finanche peggiore, il Digital Millennium Copyright Act +(DMCA), è stata progettata per imporre nuovamente misure anti-copia +(detestate dagli utenti informatici e ora note come DRM), rendendo reato ogni +superamento delle restrizioni, o perfino la pubblicazione di informazioni +sul modo di superarle. Questa legge dovrebbe essere chiamata +“Domination by Media Corporations Act” (legge per la +dominazione delle corporation dei media) perché consente di fatto agli +editori la possibilità di scrivere leggi sul copyright a proprio vantaggio +. Queste norme permettono loro l'imposizione di qualsiasi tipo di +restrizioni sull'utilizzo di un'opera, con le annesse sanzioni repressive, +purché le opere siano dotate di qualche tipo di crittazione o di licenza +onde poterle applicare.

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+Una delle tesi a sostegno di questa legge era che sarebbe servita +all'implementazione di un recente trattato mirato all'espansione dei poteri +del copyright. Il trattato è stato promulgato dalla World Intellectual Property Organization, +entità in cui dominano gli interessi dei detentori di copyright e di +brevetti, con l'aiuto della pressione esercitata dall'amministrazione +Clinton; poiché il trattato non fa altro che ampliare il potere del +copyright, è assai dubbio che possa servire gli interessi del pubblico in +altri paesi. In ogni caso, la normativa andò ben oltre quanto richiesto dal +trattato stesso.

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+Le biblioteche costituirono un elemento chiave nell'opposizione a quella +proposta di legge, particolarmente riguardo alle norme che impedivano le +varie forme di copia considerate uso legittimo. Come hanno risposto +gli editori? L'ex deputato Pat Schroeder, attualmente impegnato in azioni di +lobby per conto della Association of American Publisher, l'Associazione +degli editori statunitensi, ha sostenuto che “gli editori non possono +aderire alle richieste [delle biblioteche]”. Poiché queste ultime +chiedevano semplicemente di mantenere parte dello status quo, si potrebbe +replicare chiedendosi come abbiano fatto gli editori a sopravvivere fino ad +oggi.

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+Il parlamentare Barney Frank, nel corso di una riunione con il sottoscritto +e altri oppositori della legge, mostrò fino a che punto sia stato travisato +il concetto di copyright incluso nella costituzione. Secondo il deputato +statunitense, occorreva stabilire urgentemente nuovi poteri, sostenuti da +pene severe, perché “l'industria cinematografica è preoccupata”, +come pure “il settore discografico” e altre +“industrie”. Allora gli ho chiesto, “Ma ciò sarebbe forse +a favore dell'interesse pubblico?” La sua replica è stata: +“Perché mai tiri fuori l'interesse pubblico? Queste persone creative +non devono cedere i propri diritti a favore dell'interesse pubblico ” +Così “l'industria” viene identificata con le “persone +creative” cui dà lavoro, il copyright è trattato come un diritto che +le appartiene e la costituzione viene completamente ribaltata.

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+Il DMCA è stato approvato nel 1998. Nella stesura finale si legge che l'uso +legittimo rimane formalmente tale, ma gli editori hanno la facoltà di +vietare tutto il software o l'hardware necessario per poterlo mettere in +pratica. Di fatto, l'uso legittimo viene proibito.

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+Sulla base di questa legge, l'industria cinematografica ha imposto la +censura sul software libero per la lettura e la visione dei DVD, e perfino +sulle relative informazioni. Nell'aprile 2001 il professor Edward Felten +della Princeton University, minacciato di denuncia dalla Recording Industry +Association of America (RIAA), ha ritirato una ricerca scientifica in cui +illustrava quanto aveva imparato sul sistema cifrato proposto per impedire +l'accesso alla musica registrata.

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+Stiamo inoltre assistendo all'avvento di libri elettronici (e-book) che +cancellano molte delle libertà tipiche del lettore tradizionale —ad +esempio, quella di prestare il libro a un amico, di rivenderlo a una +libreria dell'usato, di prenderlo in prestito da una biblioteca, di +acquistarlo senza dover fornire le proprie generalità al database aziendale, +perfino la libertà di poterlo rileggere. Generalmente i libri elettronici +cifrati impediscono tutte queste libertà —è possibile leggerli +soltanto grazie ad un particolare software segreto, progettato per imporre +simili restrizioni al lettore.

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+Non acquisterò mai uno di questi e-book crittati e con delle restrizioni, e +spero che anche voi li rifiuterete. Se un libro elettronico non offre le +medesime libertà di un tradizionale volume cartaceo, non accettatelo!

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+Chiunque diffonda in modo indipendente un software in grado di leggere gli +e-book cifrati rischia di andare in galera. Nel 2001 un programmatore russo, +Dmitry Sklyarov, venne arrestato mentre si trovava negli Stati Uniti per +intervenire ad una conferenza, perché aveva scritto un tale programma in +Russia, dove ciò era pienamente legale. Ora anche la Russia sta varando una +legge per vietare simili attività, e recentemente l'Unione Europea ne ha +adottata una analoga.

+

+Finora il mercato di massa dei libri elettronici si è dimostrato un +fallimento commerciale, ma non perché i lettori abbiano deciso di difendere +le proprie libertà; gli e-book sono poco interessanti per altri motivi, tra +cui la difficile lettura dei testi sul monitor del computer. A tempi lunghi +non possiamo affidare la nostra tutela a questo felice incidente di +percorso; il prossimo tentativo di promuovere glie-book prevede l'utilizzo +di “carta elettronica” —oggetti somiglianti ai comuni +volumi all'interno dei quali scaricare libri elettronici crittati e con +delle restrizioni. Se questa superficie simile alla carta dovesse risultare +più leggibile degli odierni monitor, saremo chiamati a tutelare la nostra +libertà onde poterla conservare. Nel frattempo gli e-book vanno aprendosi un +mercato di nicchia: la New York University ed altri istituti richiedono agli +studenti di acquistare i libri di testo nel formato elettronico con delle +restrizioni.

+

+L'industria dei media non è ancora soddisfatta. Nel 2001 il senatore +Hollings, sovvenzionato dalla Disney, ha presentato una proposta di legge +chiamata “Security Systems Standards and Certification +Act”(SSSCA)[2], la quale prevede la presenza +in tutti i computer (ed altri apparecchi digitali per la registrazione e la +lettura) di sistemi anti-copia imposti dal governo. Ciò rappresenta +l'obiettivo finale dell'industria, ma il primo punto all'ordine del giorno +mira a vietare qualunque dispositivo in grado di intervenire sulla sintonia +della HDTV (High Definition TV, la TV digitale ad alta definizione), a meno +che non sia progettato in modo tale da impedire all'utente di +“manometterla” (ovvero, di modificarla a scopo +personale). Poiché il software libero è tale proprio perché gli utenti +possano modificarlo, qui ci troviamo di fronte per la prima volta a una +proposta di legge che vieta esplicitamente il software libero per +determinate funzioni. Certamente seguiranno analoghi divieti per ulteriori +funzioni. Nel caso la Federal Communications Commission statunitense +dovesse adottare simili proposte, programmi di software libero già esistenti +quali GNU Radio verrebbero censurati.

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+Occorre mobilitarsi a livello politico per bloccare queste normative. [3]

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Come arrivare a un contratto equo

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+Qual è la maniera adeguata per stabilire una corretta politica del +copyright? Se quest'ultimo è un patto raggiunto a nome del pubblico, +dovrebbe innanzitutto servire l'interesse pubblico. Il dovere del governo, +quando si appresta a smerciare la libertà pubblica, è quello di vendere +soltanto quanto necessario e al prezzo più caro possibile. Come minimo +dovremmo controbilanciare al massimo l'estensione del copyright pur +conservando un'analoga quantità di pubblicazioni disponibili.

+

+Poiché è impossibile raggiungere questo livello minimo di libertà tramite +gare d'appalto competitive, come nel caso dei progetti edilizi, quale strada +conviene seguire?

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+Un metodo possibile consiste nel ridurre i privilegi del copyright in +maniera graduale ed osservarne i risultati. Verificando se e quando si +raggiunge un livello misurabile nella diminuzione delle pubblicazioni, +potremo capire quanto sia il potere del copyright effettivamente necessario +per il raggiungimento degli obiettivi del pubblico. Ciò va giudicato tramite +l'osservazione diretta, non sulla base di quanto gli editori ritengano debba +accadere, perché questi hanno tutto l'interesse a esagerare le previsioni +negative in caso ne venga ridotto in qualche modo il potere.

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+Le politiche sul copyright comprendono svariate dimensioni tra loro +indipendenti, le quali possono essere organizzate in maniera separata. Dopo +aver raggiunto il livello minimo relativo a una di tali dimensioni, è sempre +possibile ridurre altre dimensioni del copyright pur mantenendola voluta +quantità di pubblicazioni.

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+Una dimensione importante del copyright riguarda la sua durata, che +tipicamente oggi è dell'ordine di un secolo. La limitazione del monopolio +sulla copia a dieci anni, a partire dalla data di pubblicazione di un'opera, +potrebbe rivelarsi un buon passo iniziale. Un altro aspetto del copyright, +quello concernente la realizzazione di lavori derivati, potrebbe invece +continuare a esistere per un periodo più lungo.

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+Perché si parte dalla data di pubblicazione? Perché il copyright su lavori +inediti non limita direttamente la libertà dei lettori; avere la libertà di +copiare un'opera è qualcosa di fittizio quando non ne circolano degli +esemplari. Consentire perciò maggior tempo per pubblicare qualcosa non +procura alcun danno. Raramente gli autori (che in genere prima della +pubblicazione sono titolari del copyright) sceglieranno di ritardare la +pubblicazione soltanto per estendere all'indietro l'esaurimento dei termini +del copyright.

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+Perché dieci anni? Perché è una proposta adeguata; a livello pratico +possiamo ritenere che questa riduzione produrrà scarso impatto sulle odierne +attività editoriali in generale. Per la maggior parte dei settori e dei +generi, le opere di successo sono molto remunerative nel giro di qualche +anno, e perfino tali opere di successo generalmente vanno fuori catalogo +assai prima dei dieci anni. Anche per i testi di consultazione generale, la +cui vita d'utilità può estendersi fino a parecchi decenni, un copyright di +dieci anni dovrebbe risultare sufficiente: se ne pubblicano regolarmente +nuove stesure aggiornate, e gran parte dei lettori preferiranno acquistare +l'ultima edizione sotto copyright anziché una versione di dominio pubblico +del decennio precedente.

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+Dieci anni potrebbe comunque essere un periodo più lungo del necessario :una +volta sistemate le cose, potremmo provare un'ulteriore riduzione per meglio +rifinire il sistema. Nel corso di una discussione sul copyright durante una +manifestazione letteraria, dove proponevo il termine dei dieci anni, un noto +autore di testi fantastici che mi sedeva accanto protestò con veemenza, +sostenendo che qualunque termine superiore ai cinque anni sarebbe stato +intollerabile.

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+Ma non c'è motivo di applicare la medesima durata a tutti i tipi di +lavori. Il mantenimento di una stretta uniformità per le politiche sul +copyright non è cruciale all'interesse pubblico, e già le legislazioni +correnti prevedono numerose eccezioni per impieghi e ambiti +particolari. Sarebbe folle pagare per ogni progetto autostradale la stessa +somma necessaria per i progetti più difficili realizzati nelle aree più +costose del paese; parimenti folle sarebbe “pagare” ogni tipo di +produzione artistica al prezzo più caro in termini di libertà ritenuto +necessario per un'opera specifica.

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+Così forse i romanzi, i dizionari, i programmi informatici, le canzoni, le +sinfonie e i film dovrebbero seguire una durata diversa per il copyright, in +modo da poterla ridurre per ciascun genere al termine necessario a garantire +la pubblicazione di un certo numero di lavori. Forse i film che durano più +di un'ora potrebbero avere un copyright di vent'anni, considerandone le +spese di produzione. Nel mio settore, la programmazione informatica, tre +anni dovrebbero bastare, perché i cicli di produzione sono anche più brevi +di un tale periodo.

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+Un'altra dimensione delle politiche sul copyright riguarda l'estensione +dell'uso legittimo: quelle modalità di riproduzione totale o parziale di un +lavoro, legalmente consentite anche quando l'opera pubblicata è coperta da +copyright. Il primo passo naturale nella riduzione di questa dimensione del +potere del copyright consiste nel permettere la copia e la distribuzione +tra i singoli individui a livello occasionale, privato e in piccole +quantità. In tal modo si eviterebbe l'intrusione della polizia nella vita +privata della gente, pur avendo probabilmente scarso effetto sulle vendite +dei lavori pubblicati. (Potrebbe rivelarsi necessario intraprendere +ulteriori passi legali onde assicurarsi che le licenze incluse +automaticamente nelle confezioni originali dei prodotti non possano essere +utilizzate in sostituzione del copyright per limitare tali attività di +copia). L'esperienza di Napster dimostra che dovremmo altresì consentire la +redistribuzione integrale non-commerciale ad una comunità più vasta +—quando una parte così ampia del pubblico decide di copiare e +condividere qualcosa, considerando assai utili simili pratiche, ciò potrà +essere bloccato soltanto ricorrendo a misure draconiane, e il pubblico +merita di avere quanto chiede.

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+Per i romanzi, e in generale per le opere d'intrattenimento, la +redistribuzione integrale non-commerciale potrebbe dimostrarsi una libertà +sufficiente per i lettori. I programmi informatici, essendo utilizzati per +scopi funzionali (portare a termine determinati compiti), richiedono +ulteriori libertà aggiuntive, compresa la pubblicazione di versioni +migliorate. A motivazione delle libertà che dovrebbero avere gli utenti di +software si veda il testo incluso in questo stesso volume “La +definizione di software libero”. Tuttavia un compromesso accettabile +potrebbe rivelarsi quello di rendere tali libertà universalmente disponibili +soltanto dopo un ritardo di due o tre anni dalla data di pubblicazione del +programma.

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+Questa serie di modifiche finirebbero per allineare il copyright con la +volontà del pubblico di usare le tecnologie digitali per copiare. Senza +dubbio gli editori considereranno “sbilanciate” simili proposte; +potrebbero minacciare di prendere le proprie biglie e andarsene via, ma non +lo faranno sul serio, perché il gioco rimarrà comunque redditizio e sarà +l'unico possibile.

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+Mentre si vanno considerando le possibili riduzioni ai poteri del copyright, +dobbiamo accertarci che le varie aziende del settore non lo sostituiscano +semplicemente con apposite licenze relative all'utente finale. Sarà +necessario vietare l'uso di contratti mirati a imporre restrizioni sulla +copia che vadano oltre quelle già previste dal copyright. Nel sistema legale +statunitense è pratica comune stabilire simili disposizioni su quanto +previsto dai contratti non-negoziabili per settori di grande consumo.

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Una nota personale

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+La mia attività riguarda la programmazione informatica, non l'ambito +giuridico. Mi sono interessato alle questioni legate al copyright perché è +impossibile evitarle nel mondo delle reti informatiche, come internet. In +quanto utente di computer e di reti informatiche per trent'anni, attribuisco +molto valore alle libertà che abbiamo abdicato, e a quelle che potremmo +perdere in futuro. In quanto autore, rifiuto la mistica romantica che ci +considera alla stregua di creature +quasi divine, immagine spesso citata dagli editoria per giustificare +l'incremento di poteri sul copyright agli autori, i quali poi li +trasferiscono agli stessi editori.

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+Per la gran parte questo saggio presenta fatti e ragionamenti facilmente +verificabili, oltre a una serie di proposte su cui ciascuno di noi può farsi +una propria opinione. Chiedo tuttavia al lettore di accettare un solo +elemento basato sulla mia parola: autori come il sottoscritto non meritano +di avere poteri speciali sugli altri. Se qualcuno vuole ricompensarmi +ulteriormente per il software o i libri che ho scritto, accetto volentieri +un assegno —ma vi invito a non rinunciare alla vostra libertà a nome +mio.

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Note

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  1. +L'articolo di Julian Sanchez “Il +problema delle metafore sull'‘equilibrio’ spiega come +l'analogia tra un giudizio equo e gli equilibri di pesi possa influenzare in +modo errato il nostro modo di pensare.
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  3. + In seguito rinominata con l'impronunciabile CBDTPA, +che si può ricordare in questo modo, “Consume, But Don't Try +Programming Anything”, ma in realtà sta per “Consumer Broadband +and Digital Television Promotion Act”.
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  5. + Se volete dare una mano, visitate i seguenti siti Web +DefectiveByDesign.org, publicknowledge.org e www.eff.org.
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Questo saggio fa parte del libro Free +Software, Free Society: The Selected Essays of Richard +M. Stallman.

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