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+<title>Rivedere il diritto d'autore: l'interesse pubblico prima di tutto - Progetto
+GNU - Free Software Foundation</title>
+
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+<h2>Rivedere il diritto d'autore: l'interesse pubblico prima di tutto</h2>
+
+<pre>
+ Reevaluating Copyright: The Public Must Prevail
+ [Pubblicato nella Oregon Law Review, primavera 1996]
+
+ Richard Stallman
+</pre>
+
+<p>Il mondo del diritto è consapevole che le tecnologie digitali
+dell'informazione pongono "problemi di copyright", ma non ha ricondotto
+questi problemi alla loro causa prima: un fondamentale conflitto tra gli
+editori delle opere tutelate dal copyright e gli utenti di queste
+opere. Gli editori, sulla base del proprio interesse, hanno sottoposto un
+disegno di legge al governo Clinton ridefinendo i "problemi" in modo da
+risolvere il conflitto in loro favore. Questa proposta, il Libro Bianco di
+Lehman <a href= "#ft2">[2]</a>, è stata il principale argomento di
+dibattito alla conferenza "Innovazione e ambiente dell'informazione"
+tenutasi all'Università dell'Oregon nel novembre 1995.</p>
+
+<p>John Perry Barlow <a href="#ft3">[3]</a>, il principale relatore, ha aperto
+la conferenza raccontandoci come il complesso dei Greatful Dead comprese e
+affrontò questo conflitto. Decise che sarebbe stato sbagliato interferire
+con la riproduzione dei concerti su nastro o con la loro distribuzione su
+Internet, ma non trovò niente di sbagliato nell'avvalersi del diritto
+d'autore (copyright) per i CD ufficiali contenenti la loro musica.</p>
+
+<p>Barlow non ha analizzato le ragioni del diverso trattamento di questi
+supporti musicali, e successivamente Gary Glisson <a href= "#ft4">[4]</a>
+ha criticato l'idea di Barlow che la rete Internet sia inesplicabilmente
+unica e senza uguali nel mondo. Ha obiettato che dovremmo essere in grado
+di determinare le implicazioni di Internet per le politiche di copyright
+mediante lo stesso tipo di analisi che applichiamo alle altre tecnologie.
+Questo è per l'appunto l'intento del presente articolo.</p>
+
+<p>Barlow ha suggerito che le nostre intuizioni derivate dalla proprietà degli
+oggetti fisici sono inapplicabili alla proprietà dell'informazione perché
+l'informazione è "astratta". Come ha rilevato Steven Winter <a
+href="#ft5">[5]</a> la proprietà astratta esiste da secoli. Le azioni
+societarie, i future sulle merci e anche la carta moneta sono forme di
+proprietà più o meno astratta. Barlow e altri che sostengono che
+l'informazione debba essere libera non rifiutano questi altri tipi di
+proprietà astratta. Evidentemente, la differenza cruciale tra
+l'informazione e altri tipi accettabili di proprietà non è l'astrattezza in
+se stessa. Quindi qual è la differenza? Propongo una spiegazione semplice e
+pratica.</p>
+
+<p>La legge statunitense sul copyright considera quest'ultimo un contratto tra
+il pubblico e gli "autori" (benché in pratica, nel contratto gli editori
+rilevano solitamente il ruolo degli autori). Il pubblico baratta certe
+libertà in cambio della possibilità di fruire di una maggior quantità di
+opere pubblicate. Fino al Libro Bianco, il governo non aveva mai proposto
+che il pubblico dovesse cedere <b>tutta</b> la sua libertà per utilizzare
+opere pubblicate. Il copyright implica la rinuncia a determinate libertà e
+la conservazione di altre. Questo significa che ci sono molti contratti
+alternativi che il pubblico può offrire agli editori. Ora, qual è il
+miglior contratto per il pubblico? A quali libertà conviene rinunciare e
+per quanto tempo? La risposta dipende da due considerazioni: quante
+pubblicazioni in più il pubblico può ottenere in cambio della cessione di
+una libertà e quanto invece il pubblico trae vantaggio dalla conservazione
+di questa libertà.</p>
+
+<p>Queste considerazioni dimostrano perché sia un errore prendere decisioni
+sulla <a href="#later-1">proprietà intellettuale</a> in base all'analogia
+con la proprietà di oggetti fisici o anche in base a precedenti politiche
+inerenti la proprietà intellettuale. Winter ha argomentato in modo
+persuasivo come sia possibile effettuare tali analogie, estendere cioè i
+nostri vecchi concetti e applicarli a nuove decisioni <a
+href="#ft6">[6]</a>. Sicuramente in tal modo si perviene a una risposta, ma
+non a una buona risposta. L'analogia non è un modo utile di decidere cosa
+comprare e a che prezzo.</p>
+
+<p>Per esempio, non decidiamo se costruire un'autostrada a New York per
+analogia a una precedente decisione su un'autostrada proposta nell'Iowa. In
+ogni decisione sulla costruzione dell'autostrada, si applicano gli stessi
+fattori (costo, quantità di traffico, confisca di terre o case); se
+prendessimo la decisione per analogia a una precedente, dovremmo accogliere
+ogni proposta di costruzione o rifiutarle tutte. Invece giudichiamo
+ciascuna proposta di autostrada basandoci sui pro e i contro, la cui entità
+varia da caso a caso. Anche nelle questioni di copyright dobbiamo soppesare
+costi e benefici in base alla situazione odierna e ai media odierni, non in
+analogia a ciò che valeva per altri media nel passato.</p>
+
+<p>Queste considerazioni dimostrano anche perché il principio di Laurence
+Tribe, secondo cui i diritti concernenti la parola non devono dipendere
+dalla scelta del mezzo di comunicazione <a href= "#ft7">[7]</a>, non è
+applicabile alle decisioni in materia di copyright. Il copyright è un
+contratto con il pubblico, non un diritto naturale. Le questioni di
+politica del copyright riguardano quali contratti sono vantaggiosi per il
+pubblico, non quali diritti sono stati riconosciuti agli editori o ai
+lettori.</p>
+
+<p>Il sistema del copyright si è sviluppato parallelamente all'avvento della
+stampa a caratteri mobili. Nell'epoca della stampa era impossibile per un
+comune lettore riprodurre un libro. La copia a mezzo stampa di un libro
+richiedeva un torchio tipografico, non alla portata dei comuni lettori. Per
+di più, una copia siffatta era estremamente costosa, a meno di non fare
+molte copie, il che significa, in effetti, che solo un editore avrebbe
+potuto riprodurre un libro in maniera economica.</p>
+
+<p>Così quando il pubblico cedette agli editori la libertà di riprodurre
+libri, in effetti rinunciò a qualcosa di cui <b>non poteva
+usufruire</b>. Cedere beni che non si possono utilizzare in cambio di
+qualcosa di utile e vantaggioso è sempre un buon affare. Perciò il diritto
+d'autore non era soggetto a discussione nell'era del torchio da stampa,
+proprio perché non limitava nulla che il pubblico dei lettori potesse
+facilmente fare.</p>
+
+<p>Ma l'epoca della stampa sta gradualmente giungendo alla sua fine. Le
+fotocopiatrici, le cassette audio e video hanno iniziato il cambiamento; le
+tecnologie digitali dell'informazione lo portano a compimento. Questi
+progressi rendono possibile la riproduzione alla gente comune, non solo a
+editori forniti di attrezzatura specializzata. E la gente comune copia!</p>
+
+<p>Una volta che la copia è diventata un'attività utile e realmente alla
+portata di tutti, la gente non è più disposta a rinunciare alla libertà di
+copiare: vuole anzi conservare questa libertà ed esercitarla, invece di
+cederla ad altri. L'attuale contratto di copyright non è più un buon affare
+per il pubblico, ed è tempo di rivederlo; è ora che la legge riconosca il
+beneficio che il pubblico trae dal fare e distribuire copie.</p>
+
+<p>Da questa analisi si vede come il rifiuto del vecchio contratto di
+copyright non si basa affatto sulla presunta ineffabile unicità di
+Internet. Internet è rilevante perché facilita la copia e la condivisione
+di documenti da parte dei comuni lettori. Copiare e condividere, più è
+facile più diventa utile, e più diventa un cattivo affare il copyright,
+come è ora concepito.</p>
+
+<p>Questa analisi spiega anche perché sia sensato per i Grateful Dead
+insistere sul diritto d'autore per la produzione dei CD ma non per le
+riproduzioni individuali. La produzione di CD funziona come la stampa: non
+è possibile oggi per la gente comune, anche per i proprietari di computer,
+copiare un CD in un altro CD. Così, il copyright per la produzione di CD
+musicali risulta indolore per gli ascoltatori di musica, proprio come
+tutto il copyright era indolore nell'epoca della stampa. Limitare la copia
+della stessa musica in cassette audio digitali danneggia tuttavia gli
+ascoltatori, ed essi hanno il diritto di respingere questa
+limitazione. [nota del 1999: la realtà tecnologica dei CD è cambiata: ora
+molti utenti comuni di computer possono copiare CD, e dovremmo quindi ora
+equiparare i CD alle cassette; nota del 2007: nonostante l'evoluzione della
+tecnologia del CD, ha ancora senso applicare il copyright alla distribuzione
+commerciale ma lasciare libera la copia individuale.]</p>
+
+<p>Possiamo anche vedere perché l'astrattezza della <a
+href="#later-1">proprietà intellettuale</a> non sia il fattore
+cruciale. Altre forme di proprietà astratta rappresentano porzioni di un
+qualcosa. La copia di qualsiasi tipo di porzioni è intrinsecamente
+un'attività a somma zero; la persona che copia ha benefici soltanto
+togliendo beni ad altri. Copiare una banconota da un dollaro è in pratica
+equivalente a sottrarre una piccola frazione di ogni altro dollaro e
+mettere assieme queste frazioni fino a raggiungere la quota di un
+dollaro. Naturalmente, lo consideriamo sbagliato.</p>
+
+<p>Al contrario, la copia per un amico di informazioni utili, illuminanti e
+divertenti rende il mondo più felice e migliore; l'amico ne riceve un
+beneficio e nessuno viene danneggiato. È un'attività costruttiva che
+rafforza i legami sociali.</p>
+
+<p>Alcuni lettori potrebbero dubitare di questa affermazione perché sanno che
+gli editori reclamano la copia illecita come "perdita". Questa
+rivendicazione è per lo più inesatta e parzialmente ingannevole. Quel che
+più importa è che presuppone ciò che invece deve essere dimostrato.</p>
+
+<ul>
+ <li>L'affermazione è perlopiù inesatta perché presuppone che l'amico avrebbe
+altrimenti acquistato una copia dall'editore. Questo talvolta è vero, ma
+più spesso è falso; e quando è falso, la perdita asserita non sussiste.</li>
+
+ <li>L'affermazione è parzialmente ingannevole perché la parola "perdita"
+suggerisce eventi di tutt'altra natura, eventi nei quali qualcosa che
+hanno viene loro tolto. Per esempio, se si è incendiata la scorta di
+libri della libreria, o se è stato sottratto il denaro dal registratore
+di cassa, questa sarebbe realmente una "perdita". Siamo tutti d'accordo
+che è sbagliato fare queste cose ad altre persone.
+
+ <p>Ma quando il tuo amico evita di dover comprare il libro, il libraio e
+l'editore non hanno perso nulla che avevano. Una descrizione più
+appropriata sarebbe che il libraio e l'editore ricavano meno di quello
+che avrebbero potuto. Ma si avrebbe la stessa conseguenza se questo
+amico decidesse di giocare a bridge, invece di leggere un libro. In un
+sistema di libero mercato nessuna azienda ha il diritto di gridare "al
+ladro!" solo perché un potenziale cliente sceglie di non trattare con
+lei.</p>
+ </li>
+
+ <li>L'affermazione è una petizione di principio perché l'idea di "perdita" si
+basa sull'assunzione che l'editore "avrebbe dovuto" essere pagato. Il che
+si basa sull'assunzione che il diritto d'autore esista e proibisca copie
+individuali. Ma questa è proprio la questione in discussione: che cosa
+includere nel diritto d'autore? Se il pubblico decide di poter
+condividere copie, allora l'editore non ha il diritto di aspettarsi di
+essere pagato per ogni copia, e così non può affermare che ci sia una
+"perdita", quando non ce n'è alcuna.
+
+ <p>In altre parole, la "perdita" è una conseguenza del sistema del diritto
+d'autore (copyright), non è parte costitutiva del copiare. Il copiare in
+sé non danneggia nessuno.</p>
+ </li>
+</ul>
+
+<p>La clausola più ampiamente osteggiata del Libro Bianco è il sistema di
+responsabilità collettiva, per il quale il proprietario di un computer è
+costretto a verificare e controllare le attività di tutti gli utenti, se
+non vuole essere punito per azioni alle quali non ha partecipato, ma che
+semplicemente non è riuscito a prevenire attivamente. Tim Sloan <a
+href="#ft8">[8]</a> ha messo in evidenza che ciò pone i titolari del
+copyright in una condizione privilegiata, non accordata a nessun altro che
+possa affermare di essere danneggiato da un utente di un computer; per
+esempio nessuno, almeno negli Stati Uniti, propone di punire il
+proprietario del computer se non è riuscito ad evitare attivamente che un
+utente diffamasse qualcuno. E' naturale per uno Stato rivolgersi alla
+responsabilità collettiva per rinforzare una legge alla quale molti
+cittadini non credono di dover obbedire. Più le tecnologie digitali aiutano
+i cittadini a condividere le informazioni, più lo Stato avrà bisogno di
+metodi draconiani per rafforzare il copyright contro i cittadini comuni.</p>
+
+<p>Quando fu redatta la Costituzione degli Stati Uniti, l'idea che gli autori
+avessero diritto al monopolio del copyright, non appena proposta, fu subito
+rifiutata <a href="#ft9">[9]</a>. Invece, i fondatori della nazione
+americana adottarono un'idea diversa di copyright, che mette il pubblico al
+primo posto <a href="#ft10">[10]</a>. Negli Stati Uniti si suppone che il
+copyright esista per il bene degli utenti; né i vantaggi per gli editori né
+quelli per gli autori sono previsti in se stessi, ma solo per indurli a
+cambiare i loro comportamenti. Come disse la Corte Suprema nella sentenza
+della causa della Fox Film Corporation contro Doyal: "Il solo interesse
+degli Stati Uniti e l'oggetto primario nel conferire il monopolio [del
+diritto d'autore] poggiano sui benefici generici che il pubblico riceve
+dalle opere degli autori". <a href="#ft11">[11]</a></p>
+
+<p>In base a come la Costituzione considera il diritto d'autore, se il
+pubblico preferisce essere in grado di fare copie in certi casi, anche se
+ciò significa che meno opere sono pubblicate, la scelta del pubblico è
+decisiva. Non c'è nessuna possibile giustificazione per proibire al
+pubblico di copiare ciò che vuole copiare.</p>
+
+<p>Da quando fu pronunciata la sentenza costituzionale, gli editori hanno
+sempre cercato di capovolgere il senso del dettato costituzionale,
+disinformando il pubblico. Lo fanno ripetendo argomentazioni che
+presuppongono che il copyright sia un diritto naturale degli autori (senza
+menzionare che gli autori quasi sempre lo cedono agli editori). A meno che
+non abbia una salda consapevolezza che questa presupposizione è contraria
+alle premesse basilari del sistema legale statunitense, chi sente queste
+argomentazioni prende per buono che siano alla base del sistema.</p>
+
+<p>Questo errore è oggi così radicato che chi si oppone ai nuovi poteri in
+materia di copyright sente la necessità di argomentare che anche gli autori
+e gli editori ne possano risultare danneggiati. Così James Boyle <a
+href="#ft12">[12]</a> spiega come un sistema di stretta <a
+href="#later-2">proprietà intellettuale</a> può interferire con la
+scrittura di nuove opere. Jessica Litman<a href="#ft13">[13]</a> cita le
+protezioni del copyright che storicamente hanno permesso a molti nuovi
+media di diventare popolari. Pamela Samuelson <a href="#ft14">[14]</a>
+avverte che il Libro Bianco può bloccare lo sviluppo della "terza ondata"
+dell'industria dell'informazione, chiudendo il mondo in un modello
+economico proprio della "seconda ondata", appropriato all'epoca della
+stampa.</p>
+
+<p>Queste argomentazioni possono essere molto efficaci in quelle questioni
+dove sono utilizzabili, specialmente con un Congresso e un Governo dominati
+dall'idea che "ciò che è bene per le multinazionali della comunicazione è
+bene per gli USA". Ma sbagliano a esporre la fondamentale menzogna sulla
+quale si basa questa situazione; come risultato, sono inefficaci a lungo
+termine. Quando queste argomentazioni vincono una battaglia, non forniscono
+comunque una comprensione generale che aiuti a vincere altre battaglie. Se
+ci affidiamo troppo e troppo spesso a queste argomentazioni, il pericolo è
+di consentire agli editori di sostituire il dettato costituzionale.</p>
+
+<p>Per esempio, la posizione recentemente resa pubblica della Digital Future
+Coalition, una federazione di organizzazioni, elenca molte ragioni per
+opporsi al Libro Bianco, per il bene di autori, librai, educatori,
+americani poveri, il progresso tecnologico, la flessibilità economica e
+questioni di privacy: tutti argomenti validi, ma concernenti questioni
+collaterali <a href="#ft15">[15]</a>. Vistosamente assente dall'elenco è la
+più importante di tutte le ragioni: che molti americani (forse la maggior
+parte) vogliono continuare a fare copie. La DFC evita di criticare
+l'obiettivo fondamentale del Libro Bianco, quello di dare più potere agli
+editori, e la sua decisione centrale, di respingere la Costituzione e
+mettere gli editori al di sopra degli utenti. Questo silenzio può essere
+preso per assenso.</p>
+
+<p>La resistenza alle pressioni per dare maggiori poteri agli editori dipende
+dalla consapevolezza diffusa che il pubblico dei lettori e degli
+ascoltatori abbia un'importanza primaria e che il copyright esista per gli
+utenti e non viceversa. Se il pubblico non vuole accettare certi poteri per
+il diritto d'autore, questa è in se stessa una giustificazione per non
+dargli questi poteri. Solo ricordando al pubblico e al corpo legislativo lo
+scopo del diritto d'autore e l'opportunità di un libero flusso
+dell'informazione si può garantire che l'interesse pubblico venga prima di
+tutto.</p>
+
+<h3>NOTE</h3>
+
+<p id="ft2">[2] Informational Infrastructure Task Force, Intellectual Property and the
+National Information Infrastructure: The Report of the Working Group on
+Intellectual Property Rights (1995).</p>
+
+<p id="ft3">[3] John Perry Barlow, Remarks at the Innovation and the Information
+Environment Conference (novembre 1995). Barlow è uno dei fondatori
+dell'Electronic Frontier Foundation, un'organizzazione che promuove la
+libertà di espressione nei media digitali ed è stato in precedenza
+paroliere per il gruppo dei Grateful Dead.</p>
+
+<p id="ft4">[4] Gary Glisson, Remarks at the Innovation and the Information Environment
+Conference (Nov. 1995); si veda anche Gary Glisson, A Practitioner's
+Defense of the NII White Paper, 75 Or. L. Rev. (1996) (in difesa del Libro
+Bianco). Glisson è partner e presidente dell'Intellectual Property Group
+al Lane Powell Spears Lubersky a Portland, Oregon.</p>
+
+<p id="ft5">[5] Steven Winter, Remarks at the Innovation and the Information
+Environment Conference (Nov. 1995). Winter è professore alla School of Law
+dell'Università di Miami.</p>
+
+<p id="ft6">[6] Winter, si veda la nota 5.</p>
+
+<p id="ft7">[7] Vedi Laurence H. Tribe, The Constitution in Cyberspace: Law and Liberty
+Beyond the Electronic Frontier, Humanist, Sett.-Ott. 1991, a pagina 15.</p>
+
+<p id="ft8">[8] Tim Sloan, Remarks at the Innovation and the Information Environment
+Conference (novembre 1995). Sloan è membro della National Telecommunication
+and Information Administration.</p>
+
+<p id="ft9">[9] Vedi Jane C. Ginsburg, A Tale of Two Copyrights: Liberary Property in
+Revolutionary France and America, in Of Authors and Origins: Essays on
+Copyright Law 131, 137-38 (Brad Sherman &amp; Alain Strowel, eds., 1994)
+(in cui si afferma che gli artefici della Costituzione o intendevano
+"subordinare ... gli interessi degli autori al pubblico vantaggio" o "dare
+agli interessi pubblici e privati ... lo stesso peso").</p>
+
+<p id="ft10">[10] Costituzione degli U.S.A., art. I, 8, comma 8 ("Il Congresso ha il
+potere ... di promuovere il progresso della Scienza e delle Arti utili,
+assicurando per periodi limitati ad Autori e inventori l'esclusivo Diritto
+alle loro rispettive opere e scoperte.").</p>
+
+<p id="ft11">[11] 286 U.S. 123, 127 (1932).</p>
+
+<p id="ft12">[12] James Boyle, Remarks at the Innovation and the Information Environment
+Conference (Nov. 1995). Boyle è professore di Diritto all'American
+University di Washington, D.C.</p>
+
+<p id="ft13">[13] Jessica Litman, Remarks at the Innovation and the Information
+Environment Conference (novembre 1995). J. Litman è professoressa alla
+Wayne State University Law School a Detroit, Michigan.</p>
+
+<p id="ft14">[14] Pamela Samuelson, The Copyright Grab, Wired, gennaio
+1996. P. Samuelson è professoressa alla Cornell Law School.</p>
+
+<p id="ft15"><!-- (available at URL:
+<a href="http://home.worldweb.net/dfc/press.html">
+http://home.worldweb.net/dfc/press.html</a>)-->
+[15] Digital Future Coalition, Broad-Based Coalition Expresses Concern Over
+Intellectual Property Proposals, 15 novembre 1995.</p>
+
+<h3>NOTE SUCCESSIVE</h3>
+
+<p id="later-1">[1] Anche scrivendo questo articolo mi sono convinto che <a
+href="/philosophy/not-ipr.html"> il termine &ldquo;proprietà
+intellettuale&rdquo; è fuorviante</a>. Ora credo che non lo si debba mai
+usare.</p>
+
+<p id="later-2">[2] Qui sono caduto nell'errore di utilizzare il termine &ldquo;proprietà
+intellettuale&rdquo; quando in realtà intendevo semplicemente
+&ldquo;copyright&rdquo;. &Egrave; come scrivere &ldquo;Europa&rdquo; quando
+in realtà si intende&ldquo;Francia&rdquo;: crea confusione facilmente
+evitabile.</p>
+<div class="translators-notes">
+
+<!--TRANSLATORS: Use space (SPC) as msgstr if you don't have notes.-->
+ </div>
+</div>
+
+<!-- for id="content", starts in the include above -->
+<!--#include virtual="/server/footer.it.html" -->
+<div id="footer">
+<div class="unprintable">
+
+<p>er informazioni su FSF e GNU rivolgetevi, possibilmente in inglese, a <a
+href="mailto:gnu@gnu.org">&lt;gnu@gnu.org&gt;</a>. Ci sono anche <a
+href="/contact/">altri modi di contattare</a> la FSF. Inviate segnalazioni
+di link non funzionanti e altri suggerimenti relativi alle pagine web a <a
+href="mailto:webmasters@gnu.org">&lt;webmasters@gnu.org&gt;</a>.</p>
+
+<p>
+<!-- TRANSLATORS: Ignore the original text in this paragraph,
+ replace it with the translation of these two:
+
+ We work hard and do our best to provide accurate, good quality
+ translations. However, we are not exempt from imperfection.
+ Please send your comments and general suggestions in this regard
+ to <a href="mailto:web-translators@gnu.org">
+
+ &lt;web-translators@gnu.org&gt;</a>.</p>
+
+ <p>For information on coordinating and submitting translations of
+ our web pages, see <a
+ href="/server/standards/README.translations.html">Translations
+ README</a>. -->
+Le traduzioni italiane sono effettuate ponendo la massima attenzione ai
+dettagli e alla qualità, ma a volte potrebbero contenere imperfezioni. Se ne
+riscontrate, inviate i vostri commenti e suggerimenti riguardo le traduzioni
+a <a
+href="mailto:web-translators@gnu.org">&lt;web-translators@gnu.org&gt;</a>
+oppure contattate direttamente il <a
+href="http://savannah.gnu.org/projects/www-it/">gruppo dei traduttori
+italiani</a>.<br/>Per informazioni su come gestire e inviare traduzioni
+delle nostre pagine web consultate la <a
+href="/server/standards/README.translations.html">Guida alle traduzioni</a>.</p>
+</div>
+
+<p>Copyright &copy; 1996, 1999, 2016 Richard M. Stallman</p>
+
+<p>Questa pagina è distribuita secondo i termini della licenza <a rel="license"
+href="http://creativecommons.org/licenses/by-nd/4.0/">Creative Commons
+Attribuzione - Non opere derivate 4.0 internazionale</a> (CC BY-ND 4.0).</p>
+
+<!--#include virtual="/server/bottom-notes.it.html" -->
+<div class="translators-credits">
+
+<!--TRANSLATORS: Use space (SPC) as msgstr if you don't want credits.-->
+Tradotto da Paolo Fezzi. Modifiche successive di Paolo Fezzi, Paolo
+Redaelli, Alessandro Rubini, Antonio Cisternino, Lorenzo Bettini, Giorgio
+V. Felchero, Paola Blason, Francesco Potortì, Andrea Pescetti.</div>
+
+<p class="unprintable"><!-- timestamp start -->
+Ultimo aggiornamento:
+
+$Date: 2018/04/21 17:31:09 $
+
+<!-- timestamp end -->
+</p>
+</div>
+</div>
+</body>
+</html>